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SULMONA - Pena ridotta a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione per M.C.M., cuoco bergamasco di 36 anni responsabile dell’incidente costato la vita il 17 giugno 2019 all’appuntato scelto dei Carabinieri Emanuele Anzini, originario di Sulmona, travolto e ucciso mentre svolgeva il suo lavoro.  La Corte D’Appello di Brescia ha accolto la richiesta di patteggiamento concordato in secondo grado e ridotto la pena a 5 anni e 4 mesi per omicidio colposo con guida in stato di ebbrezza più 10 mesi e 20 giorni per omissione di soccorso, in primo grado la pena era stata di 9 anni. Erano quasi le tre del 17 giugno 2019 quando, insieme ad un collega, Emanuele Anzini, carabiniere di stanza a Zogno, stava effettuando un posto di blocco sulla Sp166 a Terno d’Isola. Un’Audi A3, però, non si fermò all’alt intimato dal militare, investendolo in pieno e scaraventandolo a diverse decine di metri di distanza, per poi proseguire nella corsa senza fermarsi a soccorrere il ferito. Immediati ma inutili i soccorsi del collega, di alcuni testimoni e del personale sanitario, con l’appuntato morto praticamente sul colpo a causa dei gravissimi traumi riportati. Solo diversi minuti dopo l’investitore tornò sui suoi passi, venendo arrestato con l’accusa di omicidio stradale con l’aggravante dell’omissione di soccorso e della guida in stato di ebbrezza. M.C.M., infatti, aveva un tasso alcolemico di quasi cinque volte superiore al consentito. Le indagini del pubblico ministero Raffaella Latorraca, unitamente alle consulenze tecniche richieste per fare luce sulla dinamica del sinistro e alle testimonianze di chi si trovava nei pressi del posto di blocco, hanno chiarito quanto effettivamente successe in quei pochi drammatici istanti. L’investitore, visibilmente ubriaco e distratto alla guida, non si avvide del carabiniere che gli intimava l’alt a centro strada, nonostante il tratto stradale fosse rettilineo e sufficientemente illuminato e nonostante Emanuele Anzini indossasse i dispositivi catarifrangenti in dotazione, elementi più che sufficienti ad evitare l’impatto. Inutile fu quindi un estremo tentativo di scarto quando ormai la velocità (anch’essa superiore al consentito) non permetteva più di evitare lo scontro mortale. La madre, la sorella e la compagna convivente della vittima si sono affidati a Giesse Risarcimento Danni, gruppo specializzato in casi di omicidio stradale con sedi in tutta Italia.  Una sentenza che lascia delusi i familiari secondo i quali, vista l’inumana tragedia, i nove anni del primo grado già erano pochi. (a.d’.a)

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