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SULMONA – Non ha un quadro clinico compatibile con il sistema carcerario. Per questo potrà proseguire le cure nella sua “cella domestica”. Lo ha stabilito il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila che ha sospeso l’esecuzione della pena in carcere per una 48 enne, D.S., applicando temporaneamente la detenzione domiciliare come misura alternativa. Sul punto si era espressa la Corte di Cassazione. Per questo i giudici aquilani hanno accolto l’istanza depositata dall’avvocato della donna, Giovanni Autiero, che aveva mostrato al Tribunale la documentazione medica che attesta il quadro clinico della 48 enne. La storia è quella balzata agli onori delle cronache nelle scorse settimane. Dopo ben quattro tentativi di suicidio dietro le sbarre del carcere di Teramo, dal giugno del 2022 fino allo scorso maggio, il marito della donna aveva presentato un esposto per istigazione al suicidio presso la Procura della Repubblica di Sulmona. La 48 enne, che nell’ultima circostanza aveva tentato perfino di impiccarsi nel bagno della sua cella, era stata tratta in salvo da un agente penitenziario. Le proposte terapeutiche della casa circondariale, come si evince dalla documentazione, sono risultate inefficaci ed inconsistenti. Da qui la richiesta di un piano terapeutico domiciliare. “Non abbiamo mai chiesto la grazia. Mia moglie deve pagare per quanto fatto ma non con la vita. Per questo esiste la detenzione domiciliare. Se il carcere serve a rieducare non può portare alla morte”- commenta il marito che ora tira un respiro di sollievo. La donna, finita in detenzione per una serie di furti, ha già scontato quattro anni e mezzo. Ne restano ancora altri nove. Per il momento continuerà ad espiare la pena da casa, un ambiente sicuramente più compatibile con le sue certificate patologie, fino a quando le cure sortiranno l’effetto sperato.

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