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SULMONA – Nove mesi di reclusione, 5 mila euro di provvisionale, risarcimento da liquidare in sede civile e pagamento delle spese processuali. E’ questa la pena comminata dal giudice monocratico del Tribunale di Sulmona, Francesca Pinacchio, a B.D.P, donna di mezz’età originaria di Pescasseroli, finita alla sbarra per il reato di atti persecutori nei confronti di un agente di polizia penitenziaria che aveva conosciuto in un sito d’incontri on line. Una vicenda giudiziaria che ribalta il comune paradigma dello stalking. I due, lui originario di Sulmona e in servizio a Parma e lei di Pescasseroli, si erano scoperti in una chat di incontri on line. Dopo circa due mesi di conoscenza virtuale avevano deciso di vedersi di persona. Primo appuntamento il 3 agosto 2016 a Pescasseroli. Dall’incontro face to face ne scaturì una breve frequentazione di circa venti giorni. Una storia lampo che, per volere dell’uomo, non era approdata in qualcosa di più solido o in una relazione sentimentale. L’imputata, non accettando il rifiuto, avrebbe iniziato a quel punto l’escalation di condotte vessatorie, fingendosi perfino incinta pur di convincere l’agente a tornare sui propri passi. Ma c’è di più. Secondo l’accusa avrebbe provocato un perdurante stato d’ansia alla persona offesa, costringendolo a modificare il proprio stile di vita nonchè a cambiare utenza telefonica visti i continui e ripetuti messaggi. La stessa, circostanza smentita dalla difesa, avrebbe inseguito l’amato del sito on line fino a Parma, ovvero nei suoi luoghi di lavoro. Una situazione divenuta insostenibile che costrinse il penitenziario, assistito dall’avvocato, Serafino Speranza, a tutelarsi e sporgere querela. Da qui la condanna e la pena sospesa.

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