SULMONA – Se è vero che la domenica non si tocca e conserva il suo carattere sacro e riflessivo, quello che si apre è l’ultimo giorno utile per il dimissionario sindaco, Gianfranco Di Piero, per uno scatto d’orgoglio. Con il passare delle ore e l’approssimarsi della scadenza del termine perentorio entro il quale revocare le dimissioni e salvare la città dal commissariamento, più che margini d’intesa si assiste ad un escalation di veti. I cinque nomi sul tavolo, già resi noti ufficiosamente, hanno ricomposto gli assetti di Giunta ma manca l’imprimatur. E’ proprio tra il sindaco e il Pd che si giocano le ultime trattative. L’ennesima fumata nera è arrivata nella giornata di ieri. Manca l’intesa sulla delega al bilancio e sul nome. I dem insisterebbero sul fatto che il primo cittadino stia facendo di tutto per conservare l’assessore uscente, Katia Di Marzio. Tuttavia sul tavolo delle trattative quel nome non c’è. Il problema quindi è proprio quello dei veti incrociati che non sembrano dare respiro e tranquillità al sindaco Di Piero, il quale ha già escluso che non revocherà le dimissioni senza una nuova Giunta, ovvero senza la ricostruzione di nuovi equilibri. Il Pd, proprio per evitare influenze di sorta, aveva dato una sola indicazione, subito raccolta dal sindaco. Tuttavia i nuovi ostacoli riguarderebbero proprio il bilancio. A quello la delega non va data e a quell’altro nemmeno. Un meccanismo che rischia di incancrenirsi proprio nella sua fase cruciale. Questa volta, nello scenario delle trattative, non ci sono in ballo nè i coniugi nè la consigliera, Teresa Nannarone. Tutti ormai collocati in opposizione. Chissà cosa suggerirà la provvidenza domenicale al sindaco, al Pd e alle varie forze politiche in campo. Delle due l’una: ricompattarsi con un documento politico per spingere il sindaco a revocare o lasciare tutto così com’è. Poichè il ritiro delle dimissioni non passa di certo per una prescrizione medica. Revocare per andare avanti con un nuovo slancio è una cosa. Arrivare ad una data che sembrerebbe già prestabilita è un’altro. Ancora 48 ore per riflettere e trovare la quadra, tenendo conto che ne sono passati già 58 dall’inizio della crisi con i problemi della quotidianità che continuano a surclassare la politica. Fu sera e fu mattina. La domenica del villaggio