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Il trattamento è indolore ed è in grado di migliorare e velocizzare il recuperare della funzione erettile grazie alla rigenerazione di nuovi vasi sanguigni 

Negli uomini li tumore più frequente è quello della prostata. In Italia ogni anno le nuove diagnosi sono di oltre 39 mila. Rappresenta oltre li 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età. Il primo fattore di rischio è l’età. La probabilità di ammalarsi di tumore alla prostata aumenta dopo i 50 anni, età in cui la diagnosi precoce è utile attraverso lo screening annuale: visita urologica ed esame del sangue per misurare i livelli del PSA.
Fattori di rischio sono:

  • la familiarità, gli uomini con un parente di primo grado (padre, zio o fratello) colpito dalla malattia, hanno maggiore rischio di ammalarsi,
  • stile di vita, l’obesità, una dieta ricca di grassi animali e povera di frutta e verdura, fumo di sigaretta,
  • etnia, gli afro-americani sono più colpiti dal tumore rispetto alla popolazione caucasica

La maggior parte dei tumori della prostata si sviluppano lentamente e sono asintomatici. Tra i più presenti, una frequente minzione che però potrebbe essere conseguenza di una ipertrofia prostatica benigna, la cui diagnosi potrà essere confermata o meno da una visita urologica. Altri sintomi, getto debole durante la minzione, sangue nelle urine, disfunzione erettile, incontinenza urinaria, stipsi, dolore alle anche, alla schiena, al torace. Il carcinoma prostatico può presentarsi in una forma localizzata, localmente avanzata e metastatica. Ognuna di queste diagnosi merita un trattamento diverso. L’interpretazione di un valore anomalo del PSA deve tener conto di vari fattori: precedenti dosaggi, esplorazione rettale da parte dell’urologo e risultato degli esami radiologici. La Risonanza Magnetica multiparametrica è indicata per eseguire una mappatura della prostata. Se l’esame identifica un’area sospetta, si procede con una Biopsia prostatica Fusion (Eco/RM guidata). In casi selezionati di tumore localizzato, e a basso rischio di progressione, l’opzione terapeutica sicura e standardizzata è la sorveglianza attiva che prevede il monitoraggio della neoplasia secondo un calendario definito di visite ed esami, segue diversi protocolli clinici e ne esiste uno italiano che coinvolge più centri di riferimento, tra cui anche l’Istituto Regina Elena.

L’obiettivo è evitare i trattamenti e i relativi effetti collaterali delle forme tumorali cosiddette “indolenti”, ossia che con buona probabilità non si modificano nell’arco di vita del paziente. Tuttavia tali forme potrebbero nel tempo diventare più estese o aggressive, è quindi necessario eseguire uno stretto monitoraggio attraverso controlli periodici che rendono li percorso sicuro. L’intervento chirurgico consiste nell’asportazione completa di prostata e vescicole seminali. In caso di malattia a rischio intermedio o elevato, sarà necessario eseguire la linfadenectomia pelvica, ovvero asportare i linfonodi loco-regionali.
I risultati oncologici sono ottimali, ma soprattutto i risultati funzionali sono incredibilmente cambiati con l’avvento della chirurgia robotica. I dati registrano un’incidenza minima di incontinenza urinaria, inferiore al 10% e, ni casi selezionati, è possibile seguire li risparmio della funzione erettile grazie all’intervento robotico, con risultati di preservazione che sfiorano li 70-80%.

Proprio all’ Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, dopo un intervento di asportazione radicale della prostata, pazienti selezionati sono inseriti in un programma di riabilitazione sessuale con terapia ad onde d’urto focalizzate e a bassa energia. Le onde d’urto rappresentano il primo livello di terapia nel trattamento della disfunzione erettile post-operatoria.

Nei pazienti affetti da tumore della prostata, con malattia confinata alla ghiandola o localmente avanzata, l’intervento chirurgico di prostatectomia radicale rappresenta oggi l’opzione terapeutica che fornisce la più alta efficacia in termini di guarigione. L’Unità di Urologia dell’Istituto Regina Elena, diretta da Giuseppe Simone, ogni anno esegue circa 300 prostatectomie radicali per neoplasie prostatiche. Nella totalità degli interventi viene utilizzata la chirurgia robotica per garantire radicalità oncologica, precisione chirurgica e per migliorare la qualità di vita dei pazienti nel post-operatorio. Grazie all’intervento robotico, in casi selezionati, è possibile preservare la funzione erettile, con risultati di salvaguardia che sfiorano il 75%. Dopo l’intervento viene valutato sul singolo paziente l’eventuale somministrazione di onde d’urto per la cura della disfunzione erettile. Il trattamento è indolore e può essere eseguito 1-2 volte alla settimana per un totale di 4-6 sessioni. E’ in grado di migliorare, potenziare e far recuperare una buona funzione erettile grazie a una rigenerazione di nuovi vasi sanguigni, e quindi all’aumento di afflusso di sangue, all’interno della muscolatura del pene. Dopo l’intervento, il ripristino della funzione erettile può giovarsi di una terapia ad onde d’urto focalizzate a bassa energia.

Le onde d’urto sono fattori di stress meccanico in grado di indurre cambiamenti biochimici nei tessuti. L’innovazione di questa metodica consiste nell’applicazione dell’energia secondo angoli e direzioni differenti da quelli finora conosciuti, consentendo una distribuzione molto più uniforme ed omogenea. I corpi cavernosi vengono irradiati con un corretto angolo di inclinazione e la sonda distribuisce in maniera ottimale l’energia mentre scorre in senso longitudinale lungo il pene e lungo il perineo. La terapia oltre a indurre neoangiogenesi, promuove la circolazione locale e sopprime i processi infiammatori, induce la secrezione dei fattori di crescita e stimola la proliferazione delle cellule del tessuto connettivo, vale a dire i fibroblasti.

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