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Stefania Pezzopane, Presidente della Provincia il 6 aprile 2009, ora consigliera comunale Pd e componente della Direzione Nazionale Pd, traccia una sintesi su questi 15 anni dal sisma 2009: “Sulla mia pelle, sulla nostra pelle ci sono tutti i segni di questi difficili 15 anni. Il segno più profondo ed ancora vivo è la ferita delle 309 vittime, fermate per sempre dalla violenza di quei pochi secondi e dalla fragilità di edifici insicuri trasformatisi in tombe. Il 6 aprile innanzitutto ricordiamo loro, ci stringiamo attorno alle famiglie, alla nostra comunità in lutto e ribadiamo l’impegno perché non accadano mai più tragedie così dolorose. Che nessuno più debba perdere la vita perché è in luogo insicuro. Sono stati 15 anni di passione, di battaglie, di conquiste ottenute, di lotta contro il tempo che scorre inesorabile. Per me la ricostruzione è stata ed è ancora la principale missione politica e umana da 15 anni. Ero Presidente della Provincia il 6 aprile 2009 quando tutto crollò, eravamo disperati, ma pieni di dignità e convinti che avremmo ricostruito tutto meglio di prima. Qui venivano in quei mesi da ogni paese del mondo, persino Obama ed i grandi del G8. E non sono mancate le prese in giro, le illusioni e le promesse mancate. Abbiamo combattuto da resistenti contro l’oblio e l’impreparazione dello Stato. Prima come amministratrice mi sono adoperata per ricostruire. E poi da legislatrice ho costruito apposite leggi per la ricostruzione, norme per dare personale stabile, finanziamenti per i crateri anche con il Fondo complementare del Pnrr, abbiamo creato norme per la ricostruzione sociale, culturale ed economica e tanto altro. Tutte cose importanti che hanno determinato effetti positivi, ma c’è ancora tanto da fare. A livello nazionale è urgente dare una risposta solida ai parenti delle vittime, la mia proposta di legge che prevedeva misure specifiche è stata ripresentata dal Pd anche in questa legislatura, ma è tutto stagnante ed è anche l’indispensabile Codice della ricostruzione, anche questo da me presentato alla Camera dei Deputati e purtroppo non completato nel suo iter. E’ stato anch’esso ripresentato, ma è fermo. Così se dovesse malauguratamente capitare un’altra calamità, come è stato sempre, si ricomincia ogni volta da capo nella totale incertezza. Pagano le persone, i più fragili ed i luoghi perdono di senso nel tempo che scorre. La cosa più assurda e vergognosa, su cui andrebbe preso dalle istituzioni un impegno solenne, è la mancata ricostruzione delle scuole a L’Aquila, che nel 2026 sarà Capitale della cultura con il rischio di avere ancora ragazze e ragazzi nei MUSP di 15 anni fa, dovevano durare qualche anno, ed invece hanno visto una intera generazione di giovani che non è mai stata in una scuola vera. La ricostruzione privata e’ quasi completata, ma in alcuni piccoli centri e’ drammaticamente ferma. E poi la ricostruzione pubblica specie nel Comune dell’Aquila e’ in forte ritardo, scuole al palo, teatro comunale, teatro San Filippo, Cinema Massimo per citare 3 importanti strutture di’ proprietà comunale, la biblioteca provinciale che prima ospitava centinaia di giovani che andavano a studiare, tutti edifici ancora da completare ed aprire al pubblico. Il centro storico, grazie anche al lungimirante progetto Restart voluto dal centrosinistra x reinsediare le imprese, ha visto ricollocare in centro numerose attività, ma è uno spazio a rischio che rischia di diventare sempre più un “consumificio”, il giorno quasi deserto e la sera spazio di consumo. Purtroppo solo alcune attività commerciali non restituiscono la vita vera che c’era prima del 6 aprile 2009. Nel centro storico l’amministrazione comunale ha deciso di non avere più scuole pubbliche, non sono stati riaperti gli spazi culturali pubblici, i residenti sono ancora pochi e preoccupati e non ci sono parcheggi. Insomma abbiamo fatto tanto, tantissimo per ricostruire le case, ma non si sta facendo abbastanza per ridare il senso della comunità e della vita. Questa è un vuoto importante da colmare perché la ricostruzione sia soprattutto rigenerazione. Dobbiamo essere orgogliosi delle tante cose fatte, ma seri costruttori di ciò che ancora manca“.

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