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Nel febbraio del 1943, l’esercito italiano autorizzò il trasferimento nel campo di Prigionia 78/1 Acquafredda di Roccamorice di prigionieri alleati. Una sorta di succursale di quello di Fonte d’Amore. I detenuti di guerra, infatti, provenivano dal campo di concentramento n. 78 di Sulmona e furono impiegati in lavoro obbligatorio alle dipendenze dell’industria mineraria in fase di costruzione. Dopo l’8 settembre 1943, a seguito dell’armistizio e della decomposizione sostanziale dell’esercito italiano, gran parte di tali prigionieri prese la via di fuga verso il Meridione, nel tentativo di ricongiungersi con l’esercito alleato. Ed è qui che fu internato George Edward Heat, partito volontario dal South Africa con il contingente britannico e catturato durante l’Afrikakorps. Fu tradotto a Bari e da qui deportato al Campo di Prigionia 78/1 Acquafredda. Stante la presenza del fronte di guerra, l’inverno del 1943-44 fu vissuto da parte di questi giovani militari alla ricerca di ripari e di forme di sopravvivenza strenua, con l’aiuto attivo della popolazione locale distintasi per forme notevoli di resistenza civile.John Broad, un militare neozelandese, ha rievocato in pagine di straordinaria intensità tale vicenda umana e bellica, in particolare raccontando la fuga dal campo di Acquafredda e lo spostamento verso Caramanico. George Edward Heat, dopo la fuga, vagò per circa otto settimane assieme agli alleati percorrendo il sentiero che da Acquafredda li portò a Petrella Tifernina (CB) uno dei comuni del Molise destinati dalle autorità fasciste ad accogliere i profughi ebrei in internamento civile. Con l’arrivo dell’esercito alleato nel settembre 1943, gli internati riuscirono tutti a raggiungere i territori liberati del Sud Italia. Dopo l’armistizio, libero e rivestito dalla popolazione ritornò nella sua Southafrica.

Oggi, a distanza di ottant’anni, Gavin Edwards Craig Heat, figlio del soldato George, è giunto a Sulmona non prima di aver contattato la sezione CAI di Sulmona esprimendo il desiderio di ripercorrere quel sentiero che suo padre definì come ‘scalare l’Himalaya’ e di visitare il famoso ‘Campo 78 di Fonte D’Amore. Gli uomini del CAI Sulmona hanno conosciuto Gavin promettendogli la loro piena disponibilità e a giorni lo accompagneranno nei ‘luoghi della memoria’ del padre. Per la seconda richiesta si spera che l’amministrazione metterà a disposizione il Campo 78. Craig è un illustre insegnante di geografia; sua moglie una tecnica radiologa. Insieme sono partiti dal Sud Africa per fare tappa dapprima in Irlanda dove lui è stato chiamato come relatore in una conferenza sui temi della sua materia. Poi sono arrivati qui, col cuore pieno di speranza e di emozioni, tanto che, quando gli chiedo di raccontarci del padre negli anni del dopo guerra, la voce si spezza e le lacrime gli solcano il viso.

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