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SULMONA. Un anno di reclusione e pagamento delle spese processuali. E’ questa la pena (sospesa) inflitta dal giudice del Tribunale di Sulmona, Francesca Pinacchio, a M.M. , A.T. e P.T., per l’accesso indebito di dispositivi idonei alla comunicazione con soggetti detenuti. I fatti risalgono al 2022 quando, secondo l’accusa, i tre imputati, tutti parenti di D.T., che era detenuto nel carcere di massima sicurezza di Sulmona, avevano spedito un pacco indirizzato al loro congiunto contenente un telefono cellulare. Con il device il recluso “riceveva e comunicava con i familiari”, recita l’imputazione. Dispositivo che il detenuto si è portato dietro anche nel penitenziario di Ancona, dove nel frattempo è stato trasferito. Per i parenti, che lo avevano “rifornito”, è arrivata la condanna dal Tribunale, al termine del processo celebrato oggi. Un fenomeno, quello dei telefoni dietro le sbarre, che si sta espandendo a macchia d’olio, anche nel carcere peligno dove, solo da gennaio ad oggi, sono stati sequestrati circa 40 device.

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