È arrivata nella serata di ieri la comunicazione ufficiale dell’esito del voto che approva la risoluzione del Parlamento europeo sulla Protezione del suolo, dopo una tre giorni di dibattito che ha visto diversi tentativi di modifica del testo, finalizzati a renderlo molto meno incisivo, tuttavia respinti a larga maggioranza. Un risultato atteso per una risoluzione approdata al Parlamento su iniziativa di sei parlamentari di altrettanti Eurogruppi, in rappresentanza della larga maggioranza dell’assemblea. “Siamo entusiasti dell’esito della votazione, la risoluzione approvata ieri, infatti, serve a colmare un gravissimo vuoto del diritto ambientale della UE, ovvero la mancanza di una direttiva sul suolo: contiene la richiesta esplicita, alla Commissione europea, di redigere una proposta legislativa per la protezione e l’uso sostenibile del suolo – dichiara Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – dopo 15 anni di promesse e di battaglie, questa risoluzione accende la luce verde a un percorso legislativo che ora deve ripartire, con il vento favorevole del Green Dealâ€. La risoluzione è un documento complesso e denso di contenuti nei suoi 69 paragrafi, a partire dal primo che segnala la gravità del fenomeno del degrado del suolo, e riportando la cifra astronomica di 50 miliardi di euro l’anno: a tanto ammonterebbero i costi attuali dell’inazione sul fronte del degrado del suolo in tutta Europa. Al contrario, i suoli sani vengono identificati come un presupposto irrinunciabile per conseguire gli obiettivi del Green Deal: dalla lotta al cambiamento climatico alla conservazione e ripristino della biodiversità , dall’ambizione ‘zero inquinamento’ alla sostenibilità del sistema alimentare. Tra le richieste del Parlamento Europeo, anche l’esplicito richiamo alla necessità di metodi di contabilizzazione dei danni al suolo nei procedimenti di valutazione ambientale, la mappatura dei siti contaminati e delle aree dismesse, lo sviluppo di meccanismi di finanziamento europeo per la bonifica dei cosiddetti ‘siti orfani’, ovvero quelle aree inquinate per le quali non è più possibile imputare i costi di bonifica al responsabile dell’inquinamento, e l’introduzione di misure per la limitazione e la prevenzione del consumo di suolo dovuto a edifici e infrastrutture che devono invece privilegiare il recupero di siti dismessi. Di una direttiva sul suolo si dibatte da tempo: risale al 2006 la prima proposta di direttiva europea sul suolo, affossata dall’opposizione di alcuni Stati membri tra cui il Regno Unito e ritirata per questo dalla Commissione Europea, definitivamente, nel 2014. A seguito di questa grave sconfitta, Legambiente si è mobilitata, lanciando una piattaforma europea che ha coalizzato oltre 500 associazioni di 26 Paesi membri e che ha promosso una petizione europea, People4Soil, che nel 2017 ha raccolto 216.000 firme, di cui 83.000 solo in Italia, ma la mobilitazione dei cittadini non fu sufficiente. “Ora il vento è cambiato a Bruxelles, ma sappiamo che esistono ancora forti resistenze alla protezione del suolo da parte di diversi Paesi membri, su cui bisognerà lavorare, nei prossimi mesi, per evitare che la storia si ripeta: gli obiettivi climatici, di sostenibilità e di sicurezza alimentare ci mettono di fronte a sfide per le quali non si può prescindere dalla protezione di un bene che, come scrive la risoluzione approvata ieri, è una risorsa comune da cui dipende il benessere dell’intera comunità europeaâ€Â dichiara Damiano Di Simine, responsabile suolo di Legambiente. Per affrontare gli ostacoli e le diffidenze opposte dagli Stati membri a una normativa sul suolo, Legambiente nei prossimi mesi sarà impegnata nell’attività di advocacy, nei confronti del nostro Governo ma anche in relazioni con le organizzazioni della società civile di altri Paesi europei, anche attraverso l’ampio partenariato internazionale del progetto europeo SOIL4LIFE di cui Legambiente è capofila (www.soil4life.eu).