A 70 anni dalla morte la famiglia e la comunità ricordano il sarto bandista, Severino Susi, nato a Introdacqua nel 1881 e morto proprio nel maggio di 70 anni fa. I figli non ci sono più ma i nipoti sì e ricordano con orgoglio e vanto il nonno, Severo di nome e di fatto, personaggio molto conosciuto in paese e non solo, per essere stato trombone solista per molti anni, nella banda del paese, impegnata negli anni, in molte performance di alto livello musicale anche fuori dall’Abruzzo, come a Roma, Bari e San Remo. Ben nota è la straordinaria professionalità e la predisposizione innata dei musicisti di Introdacqua,che nei decenni, addirittura secoli, hanno costruito intorno alla loro banda, una tradizione a cui è legata fama e successo. E questa è cosa nota, tanto che, un antico detto recita “A Introdacqua si piantano cipolle e nascono musicanti”. Non tutti però sanno che, per la prima volta in un documento anagrafico ufficiale, comparve, nella parte dedicata al lavoro svolto, la dicitura “bandista”. Come si legge infatti in un articolo pubblicato da Valter Marcone nel giugno del 2010, “Historica della banda di Introdacqua”, <>. Questo, a testimonianza che già nel corso del 1700, a Introdacqua c’era qualcuno che, di mestiere, faceva il bandista. Ma torniamo al nostro personaggio Severino Susi, che sposò Angela De Stefanis ed ebbe 8 figli, 3 maschi e 5 femmine. I tre maschi,Ubaldo (Edmondo), ultimo in ordine di tempo a morire qualche anno fa, centenario, Trentino e Angelo, furono anch’essi musicisti. Non sarà stata facile la vita in quel periodo…tanti figli da mantenere e Severino, per anni, si guadagno’ da vivere sia facendo il sarto che il musicista. Terminato il suo lungo periodo da solista, durato anni, fu sostituito da un trombonista più giovane e suo malgrado, venne a sapere che quest’ultimo era pagato di più rispetto a quanto avesse percepito lui fino ad allora (400 lire contro le 800 date alla new entry)e cosi, in pieno concerto, secondo trombone che doveva fare da contrasto alla prima voce solista, decise di non entrare alla sua battuta e, tra gli sguardi incuriositi degli altri musicisti e quello attonito e anche un po’ arrabbiato del maestro direttore d’orchestra, mantenne la posizione ferma fino alla fine. Fonti orali giunte fino a noi tramite i discendenti,raccontano che il maestro infuriato, al termine del brano si avvicinò a Severino chiedendo il motivo per cui non fosse entrato con il suo strumento e pare che lui abbia risposto testualmente “Maestro, per 400 lire mi paghi e per 400 lire ti suono!”. (b.z.)