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Otto giovani e due adulti autistici ‘emigrati’ in strutture residenziali di Puglia, Marche, Emilia Romagna, Lombardia, lontani dalle famiglie, perché in Abruzzo non esistono luoghi simili in grado di garantire interventi riabilitativi a persone che necessitano di assistenza di operatori specializzati 24 ore su 24. Almeno altri dieci sono in attesa di essere accolti. Per le casse delle quattro Asl abruzzesi ciò equivale a un costo annuo che sfiora i 10 milioni di euro, fa sapere il presidente di Autismo Abruzzo Onlus, Dario Verzulli, che da tempo sollecita la Regione ad attivarsi per adeguare la rete dei servizi residenziali ed evitare una mobilità passiva così onerosa. Senza considerare la sofferenza delle famiglie e dei diretti interessati. Come nel caso di Carlo, 17enne di Chieti, accolto due anni fa in una struttura in provincia di Lecce, dove ha acquisito una certa tranquillità e autonomia, che ora però dovrà abbandonare perché, spiega Verzulli, la Asl di competenza non ha corrisposto, nell’ultimo anno, la retta pattuita di 240 euro al giorno. “La cooperativa che gestisce la struttura pugliese ha chiesto e ottenuto dal Giudice il decreto ingiuntivo alla Asl Lanciano Vasto Chieti per 70mila euro – spiega Verzulli – ma la Asl ha proposto ricorso, determinando le dimissioni di Carlo”.

“Carlo è cresciuto in famiglia fino a 16 anni, supportato da intervento abilitativo intensivo arrivato a un sostegno 24h su 24h, poiché il suo autismo, pur caratterizzato da buone competenze di linguaggio e apprendimento, comportava agiti talvolta pericolosi per sé e gli altri” racconta la madre. “Già nel giugno 2020, un anno dopo averlo accolto, la struttura pugliese, in mancanza dei pagamenti della Asl, comunicò che non poteva più ospitare Carlo – racconta Verzulli – La Asl chiese allora un progetto terapeutico per valutare l’idoneità dell’intervento, poi ottemperata dalla struttura; propose infine di corrispondere una retta inferiore, richiesta non accettata. Quello che non capiamo è come la Asl possa affermare, ora, dopo aver dato a suo tempo l’autorizzazione, che la struttura, essendo non accreditata, è ‘del tutto inadeguata alle reali necessità del paziente’, adducendolo come pretesto per non pagare la retta. Un altro brusco cambiamento di ambiente per Carlo significherebbe vanificare tutti i progressi fatti in questi due anni”. Esistono in Italia esempi virtuosi di accoglienza, da poter replicare anche in via sperimentale, in attesa dell’adeguamento della rete dei servizi residenziali abruzzesi. In un convegno nel settembre scorso “abbiamo mostrato all’assessore regionale alla Salute Verì l’esperienza della ‘Casa per l’autismo adulto’ nell’area romana – ricorda Verzulli – Ma, in attesa che ci si attivi per avviare strutture simili in Abruzzo, una vicenda come quella di Carlo richiede una soluzione immediata”.

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