L’inchiesta che ha coinvolto formalmente personaggi da tempo ben conosciuti per i metodi affaristici e clientelari, ora riconosciuti anche come illegali, usati nell’amministrare il Comune di Celano, non rivela niente di nuovo: soltanto alcuni particolari. Da tempo si sapeva, e da tempo si subiva. Bisogna essere grati ai giudici, naturalmente. Ma soprattutto non bisogna subire, mai più. Senza aspettare che siano i giudici a intervenire. Perché non è semplicemente di cose legali che abbiamo bisogno. Abbiamo innanzitutto bisogno di cose giuste. E per avere cose giuste serve politica buona, serve democrazia, serve lotta. Lotta per il lavoro come diritto e non come favore, per diritti e non precarietà nel lavoro, per risorse pubbliche adeguate che siano alimentate da una fiscalità equa e destinate a veri bisogni pubblici sotto controllo popolare.
I ricatti di Piccone e compagnia sono stati possibili grazie ai tagli alla spesa pubblica e alle possibilità di lavoro dignitoso che subiamo da anni. Di ciò  sono responsabili tutti i partiti che ora confessano il loro accordo di fondo sull’essenziale sostenendo il governo Draghi: e anche chi adesso si atteggia ad oppositore come il partito  neofascista del sindaco di Celano coinvolto nell’inchiesta (attualmente al primo posto nelle cronache giudiziarie riguardanti casi di corruzione).
È tempo di togliere fiducia a questa parvenza di politica, a finti partiti simili piuttosto a lobby e comitati d’affari, a finti critici della cosiddetta “casta†e tagliatori di “poltrone†che hanno soltanto tagliato un altro po’ di democrazia. È ora di riprenderci la politica vera. Di riprenderci la democrazia.