SULMONA – Il tentativo di conciliazione, come si poteva immaginare, non è andato a buon fine davanti al giudice di pace, Gianna Cipriani, che ha aperto questa mattina il procedimento penale a carico dell’ex sindaco e del consigliere comunale, Bruno Di Masci. Va in scena la “seconda puntata†della querelle con la consigliera comunale, Roberta Salvati, in riferimento alla seduta dell’assise civica del 12 settembre 2018. Unico imputato è l’ex primo cittadino mentre la posizione della giovane sulmonese, Luisa Leonarduzzi, che era stata raggiunta inizialmente da avviso di garanzia, è stata archiviata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sulmona, con apposita ordinanza che risale ai mesi scorsi. Di Masci è finito quindi davanti al giudice di pace, dopo l’atto di citazione a giudizio del Pubblico Ministero, per l’ipotesi di reato di diffamazione. Nello specifico perché, comunicando con più persone, offendeva la reputazione della collega consigliera Roberta Salvati, pronunciano al telefono ad alta voce alla presenza di più persone presenti in un locale epiteti del tipo “quella z… della Salvati. Dio ci salvi dalla Salvatiâ€. L’ex sindaco si è sempre difeso al riguardo spiegando di aver proferito quelle parole solo in riferimento alla sfera politica e non sul piano personale, per giunta in un contesto assolutamente privato cioè nel locale in quel momento chiuso al pubblico, senza sapere di essere ripreso, mentre la Salvati ritiene di essere stata “offesa e denigrata pubblicamente in modo gratuito e senza giustificazioneâ€. La consigliera comparirà nella prossima udienza del 25 febbraio nel corso della quale saranno sentiti anche quattro testi del Pm. Nei giorni scorsi, davanti al giudice per le indagini preliminari, si è chiuso il primo procedimento a carico della Salvati, ovvero la diffamazione nei confronti di Di Masci, dopo che il giudice ha riconosciuto alla consigliera l’esimente della provocazione e nell’ordinanza ha ricondotto le parole dell’ex sindaco al di fuori del perimetro della critica politica. Nel merito sarà il giudice di pace però a pronunciarsi. Con la speranza che, in un modo o in un altro, si chiuda una vicenda sicuramente poco piacevole per la politica cittadina.
Andrea D’Aurelio