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Una criminalità “economica con modalità moderne” che punta a realizzare, attraverso frodi informatiche, veicolate da fondi ottenuti in maniera illecita, una serie di operazioni di riciclaggio in beni mobili (acquisti su siti e-commerce) e immobili (proprietà in Nigeria) per una economia globale parallela apparentemente lecita che danneggia il sistema economico italiano: a scoprire l’attività illecita è stata la Procura Distrettuale Antimafia dell’Aquila nell’ambito dell’inchiesta ‘Hello Bross’ – condotta dalla Squadra Mobile dell’Aquila, dalla Sezione di Polizia Giudiziaria e dal Servizio Centrale Operativo – che ha portato all’arresto di 30 affiliati della mafia nigeriana appartenente alla Black Axe, presenti in 14 province italiane, con base operativa nel capoluogo abruzzese. All’Aquila viveva il 35enne a capo dell’organizzazione arrivato in Italia su un barcone dalla Libia e sbarcato a Pozzallo (Ragusa) nel 2014 e  finito al Centro di Prima Accoglienza all’Aquila, dove viveva in un appartamento regolarmente affittato e pagato, in maniera insospettabile. Proprio seguendo il capo per due anni, la polizia ha ricostruito la complessa attività che ha toccato le province di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni. “Ci siamo imbattuti – ha spiegato il procuratore distrettuale Antimafia dell’Aquila, Michele Renzo nel corso di una conferenza stampa – in una sorta di evoluzione della mafia, caratterizzata da una criminalità economica con modalità moderne. In un momento in cui ci si interroga tanto sulla presenza degli stranieri in Italia e sull’integrazione la prima cosa che dobbiamo tenere presente è che non c’è integrazione senza regole.  “Le indagini sono partite nel 2018, ricostruendo con puntiglio l’attività di questa organizzazione che risponde agli schemi dell’associazione mafiosa, ovvero dominio di un gruppo, imposizione del dominio con l’uso della minaccia della violenza, capacità di imporre le proprie regole – spiega ancora -. ‘Black Axe’ è una confraternita universitaria nata negli anni ’50 con le migliori intenzioni anti razzista e anti-colonialista, per poi degenerare in organizzazione mafiosa. Quando si pensa alla mafia nigeriana non dobbiamo pensare solo a spaccio e prostituzione, è una organizzazione che ha metodi sofisticati di criminalità economica. Una mafia che sta compiendo un ulteriore passo dalla violenza defragrante che incide sugli individui alla violenza sul sistema, perché questo è la criminalità economica. Nelle intercettazioni ha trovato conferma la consapevolezza propria pericolosità, la necessità di non dare nell’occhio, aspetto a cui attribuivano moltissima importanza”.

Della struttura dell’organizzazione criminale sono stati individuati i vertici nazionali e i componenti delle articolazioni periferiche (Forum) presenti in diverse città italiane. Gli indagati si sono resi autori di numerosi reati, in prevalenza rientranti nel cybercrime: una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin con i quali venivano poi comprate, nel mercato del darknet, le carte di credito clonate utilizzate per l’acquisto di beni e servizi sui siti e-commerce. “La peculiarità dell’operazione odierna, che più ci ha colpito sta nell’aspetto patrimoniale dell’impegno criminale, deriva significativa nel campo del riciclaggio di denaro”. A sottolinearlo è il direttore della Centrale Anticrimine della polizia, Francesco Messina, nella conferenza stampa all’Aquila per illustrare l’operazione che ha portato a smantellare una pericolosa rete criminale nigeriana. “L’organizzazione però – ha aggiunto – non ha affatto disdegnato il traffico di stupefacenti, prostituzione e accattonaggio Quest’ultimo praticato fuori i supermercati, rappresenta anzi uno dei passaggi iniziatici. Queste organizzazioni nigeriane sono sempre più pericolose, basti pensare che in Campania, hanno oramai un livello di pariteticità con la camorra autoctona”. Per Fausto Lamparelli, direttore del Servizio centrale operativo della Polizia, “per riciclare il denaro veniva usato un sistema antico e raffinato, che consente di riciclare ingenti somme, di illecita provenienza, inviando i soldi in Nigeria ma anche col criterio delle somme regolarmente acquisite attraverso attività come gli African Shop diventati punto di riferimento per coloro che vogliono trasferire somme in Nigeria, sia da proventi leciti che illeciti”. “L’attività di indagine – ha sottolineato il capo della Squadra mobile dell’Aquila, Marco Mastrangelo – complessa ed articolata, ci ha permesso di verificare partendo dallo spaccio di droga una attività criminale molto più estesa ed organizzata con metodi innovativi ed informatici. È lo abbiamo fatto seguendo il capo che viveva all’Aquila e che era al centro della organizzazione che opera in tutta Italia con collegamento anche all’estero.  La scelta dell’Aquila è stata fatta proprio perché la zona è tranquilla: le frodi commesse sono state soprattutto di natura informatica proprio perché la zona era apparentemente tranquilla e si poteva lavorare da casa. Truffe romantiche su siti d’incontri e informatiche tra i reati più commessi. Rende di più lavorare nell’ombra e con profilo basso. Era questa la modalità imposta dal capo. Pertanto si sentivano intoccabili”.

“Dal 2019 oltre 300 appartenenti alla mafia nigeriana sono stati colpiti, grazie a decine di operazioni”. Lo ha detto Francesco Messina, direttore della Direzione centrale anticrimine della polizia di Stato, oggi all’Aquila per illustrare i dettagli dell’operazione “Balck Haxe” italiana, la mafia nigeriana. “La peculiarita’ – ha aggiunto – di questa operazione sta nell’aspetto patrimoniale dell’impegno criminale di questi soggetti. C’è l’adozione di tecniche particolari, c’è’ la necessità di adottare azioni di contrasto come e’ stato fatto dalla procura della Repubblica dell’Aquila, grazie all’intervento di strutture idonee che ci hanno aiutato”. Organizzazioni criminali, quelle finite sotto la lente di ingrandimento della Direzione centrale anticrimine che nel tempo (secondo gli investigatori la loro presenza in Italia risale a circa 20 anni fa) sono diventate, come le mafie italiane, capaci di operare a livello internazionale.

“Il colpo inferto oggi alla mafia nigeriana in Italia, grazie al lavoro di qualche eroe delle forze dell’ordine, è purtroppo una goccia nel mare. Sarebbe servita una guerra totale, invece la guerra l’abbiamo già persa”. Non riesce ad esultare Alessandro Meluzzi, psichiatra e criminologo, per l’operazione di oggi della Polizia di Stato dell’Aquila, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato. Mafia su cui il professor Meluzzi ha lanciato l’allarme anni fa e sulla quale ha pubblicato un libro nel 2019 dal titolo ‘Mafia nigeriana. Origini, rituali, crimini’. “Ormai ha preso il controllo del territorio – commenta lapidario lo psichiatra e criminologo – Sono migliaia e migliaia i suoi uomini non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa, dopo essere sbarcati sulle nostre coste. E col tempo si sono organizzati, hanno risorse, armi e manovalanza ‘infinita’. Lo Stato italiano, a parte qualche eroe, si occupa di ben altre questioni, come l’impedire agli italiani di vivere, mentre questi criminali occupano il territorio – continua Meluzzi – Ecco perché l’operazione di oggi, per cui bisogna elogiare le nostre forze dell’ordine, alla fine è una goccia nel mare. Per sradicare la mafia nigeriana dall’Italia c’è bisogno di una guerra, invece vengono attuate debolissime attività di contrasto”. “E probabilmente, visto che la politica è impegnata a svendere l’Italia alla Cina e alle grandi banche internazionali che fanno capo ai Rothschild nel nome del Big Reset, i nigeriani servono, sono funzionali alla distruzione degli italiani, la cui sorte è per adesso decisa. E non vedo ancora nessuna linea di resistenza”, conclude.

 

 

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