SULMONA. Avrebbe dovuto accudire il padre malato, ma usava i permessi della legge 104 per andare a fare il muratore. In nero, ovviamente. L’altro giorno per S.R.R., 68 anni, ex collaboratore scolastico dell’Istituto Superiore “Ovidio”, è arrivata anche la condanna alla Corte dei Conti, dopo quella del Tribunale di Sulmona che il 14 aprile 2023 gli aveva inflitto la pena di due anni e mezzo di reclusione per i reati di truffa e falso ai danni dello Stato. I fatti risalgono al 2019 quando l’uomo era finito nel mirino della guardia di finanza di Sulmona che aveva aperto un’inchiesta dopo la segnalazione da parte di alcuni cittadini. Le fiamme gialle, nel corso delle indagini, aveva accertato che il collaboratore scolastico, nei giorni in cui si assentava dal posto di lavoro per i benefici della legge, svolgeva lavori edili in nero in alcune abitazioni private anziché prestare assistenza al padre. L’avvocato, Franco Zurlo, che difendeva il collaboratore scolastico, aveva tentato di far cadere le accuse per quanto riguarda le false attestazioni, poiché venivano annotate direttamente dal preside dell’istituto. Registro che, in ogni caso, non era stato mostrato nel corso del processo. Per la procura della repubblica di Sulmona e per il giudice, Francesca Pinacchio, si era trattato invece di una vera e propria truffa tanto che il processo di primo grado si era chiuso con la condanna a due anni e mezzo di reclusione e al pagamento delle spese processuali. La procura a quel punto ha mandato le carte alla Corte dei Conti che ha avviato anche il filone contabile dell’inchiesta. I giudici, nello specifico, hanno contestato al 68enne di aver “causato un danno patrimoniale al Ministero dell’Istruzione pari all’importo della retribuzione percepita durante i permessi illegittimamente fruiti”. Sostanzialmente la Corte dei Conti ha contestato un danno erariale di 581, 47 euro al collaboratore scolastico. “Per quanto concerne l’elemento soggettivo va riconosciuto, come richiesto dalla procura, il dolo nella causazione del danno erariale, desumibile dalla consapevole volontà di assentarsi fraudolentemente dal servizio attestando falsamente di dover assistere il padre disabile, dedicandosi invece a lavori di edilizia, nonché dalla coscienza e volontà di percepire indebitamente la retribuzione per le giornate di assenza dal servizio”- scrive la Corte dei Conti nella sentenza, spiegando inoltre che “la sussistenza della condotta illecita è comprovata dalle deposizioni testimoniali rese nel corso del procedimento penale”.