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SULMONA – Non un solo procedimento ma due distinti. Il processo “raddoppia” per il 73 enne di Pratola Peligna, A.M., accusato di guida in stato di ebrezza e lesioni dopo aver investito una sua concittadina. Se inizialmente i due procedimenti erano stati riuniti ora il giudice monocratico del Tribunale di Sulmona, Marco Billi, li ha scissi e ha disposto il rinvio al 12 novembre per la guida in stato di ebrezza con la messa alla prova dell’indagato mentre il prossimo 3 ottobre inizierà la discussione del processo per lesioni per il quale si è già costituita la parte civile. Stando al quadro accusatorio il 73 enne, dopo l’incidente, è stato sottoposto ad accertamenti urgenti mediante l’utilizzo dell’etilometro e, nel corso delle tre prove, è risultato con un valore di concentrazione alcool superiore al limite massimo di 0,5 g/l. La donna sarebbe quindi stata falciata dall’auto guidata dall’indagato dopo essere caduta accidentalmente per strada, forse per aver inciampato. Quando le persone presenti sul posto si stavano avvicinando per trascinarla verso il marciapiede e soccorrerla, è accaduto quello che nessuno si aspettava. L’auto, guidata dal 73 enne di Pratola, l’ha investita. Il Sostituto Procuratore della Repubblica di Sulmona, Aura Scarsella, ha contestato l’investimento per colpa e la mancata attenzione della presenza di pedoni sul marciapiede. Dall’incidente la donna, assistita dall’avvocato del foro di Sulmona Catia Puglielli, ha riportato un trauma d’arrotolamento all’arto superiore sinistro con lussazione posteriore del gomito, guaribile in quaranta giorni. “Nel procedimento per lesioni puntiamo a ottenere il risarcimento della parte offesa visto che il giudice ha autorizzato la costituzione del responsabile dell’assicurazione per valutare l’entità del danno”- ha esordito l’avvocato Puglielli mentre il legale dell’imputato, Alessandro Margiotta, punta alla conferma della messa alla prova per il capo d’imputazione di guida in stato di ebrezza. Certo è che il 73 enne di Pratola per quell’episodio dovrà affrontare non uno ma ben due processi.

Andrea D’Aurelio

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