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SULMONA – Anche la violenza ha un suo rituale e un suo “protocollo”. Non si manifesta dalla sera alla mattina. E anche la violenza può colpire gli addetti ai lavori, ovvero quelle figure professionali che prima di essere tali, sono donne che hanno amato il loro assassino. Il femminicidio del torinese che colpisce la comunità peligna di Roccacasale, per la morte della giovane psicologa Teodora e del piccolo Ludovico di appena cinque anni, non si può esaurire in poche righe da battere per gli aggiornamenti di cronaca. L’inumana e agghiacciante tragedia merita i giusti spazi di riflessione, soprattutto con chi ha speso gran parte della sua vita a contrastare la violenza di genere, in un’aula di Tribunale o nello studio professionale. Perché solo parlandone, riconoscendo segnali e cambiando paradigmi e approcci culturali, si attribuiscono alle cose il proprio nome. Non omicidio o tragedia ma femminicidio. Non amore e comprensione ma violenza inaudita. Con Alessandra Cottone, delegata dall’ordine degli psicologici della provincia dell’Aquila e Teresa Nannarone, avvocato e Presidente del circolo Pd Sulmona, abbiamo provato ad entrare nel merito della delicata tematica. “Il fatto che la donna era una psicologa non ci deve stupire perché i manipolatori affettivi, se questo dovesse essere il caso specifico perché facciamo solo ipotesi, sono molto abili. Chiunque può cadere nella trappola di queste persone che solitamente nella fase iniziale sono soggetti squisiti. Si ha l’impressione di aver trovato il principe azzurro e ti fanno sentire l’unica donna esistente sulla faccia della terra. E’ la cosiddetta fase del bombardamento d’amore. Quando il carnefice ha la donna nelle sue mani passa alla seconda fase, ovvero far diventare l’altra ciò che vuole che sia. Dal trucco all’abbigliamento fino alle frequentazioni. La vittima si aggrappa quindi all’immagine iniziale, mettendosi in discussione ed entra in una fase di confusione fino all’ultimo livello quando la persona è totalmente svilita della propria autostima”- spiega la dottoressa Cottone ricordando che la violenza si manifesta sempre per gradi e segnali. Mai improvvisamente. Come pure, secondo l’esperta, è fondamentale lavorare anche sull’uomo autore del reato per far cessare il femminicidio. “Dietro le separazioni e i procedimenti in Tribunale c’è la violenza. Quando la donna trova la forza di denunciare e separarsi. Questo territorio non è immune da questi fenomeni”- aggiunge l’avvocato Nannarone, da sempre in prima linea come legale e politico,  ritenendo che serve formazione anche nelle scuole per la cultura del rispetto dell’altro, per un nuovo approccio ma soprattutto per conoscere l’escalation e i segnali della violenza che si manifestano in diverse sfaccettature. “La donna se ne deve andare via da una persona che comincia a insultarla. Non può rimanere, aspettare o cercare che l’uomo cambi. I femminicidi cesseranno quando la donna avrà la forza di denunciare e separarsi. E difendere la donna è un dovere civile”- conclude la Nannarone spiegando che anche la politica può fare il suo. Dalle risorse da intercettare alle giornate di formazione e sensibilizzazione. Perchè, per un nuovo approccio culturale, la violenza si combatte nel quotidiano. Non con una battaglia sterile ed episodica.

Andrea D’Aurelio

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