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SULMONA – Dodici mesi esatti sono trascorsi da quella sera del 7 marzo 2020 quando, alle 21.32, la nostra emittente televisiva diffuse la notizia del primo caso Covid accertato nella città di Sulmona. Il sito internet fu preso d’assalto nel vero senso della parola e per circa mezz’ora gli accessi furono interdetti per l’eccessivo traffico d’utenza. Un momento che resta nella memoria collettiva perché segnò l’inizio dell’emergenza pandemica. Almeno nel Centro Abruzzo. Da quel giorno continua la corsa dei contagi, il virus ha portato via tante vittime, il sistema sanitario è diventato la barricata dietro al quale si sta combattendo per la vita di tante persone. Il primo contagiato era un 60 enne originario di Sulmona ma residente a Roma. Era tornato da una vacanza sulle Alpi e aveva festeggiato il compleanno dell’anziano padre in un ristorante della zona. La sera del 6 marzo contattò il 118 dopo aver avvertito una lieve sintomatologia, ovvero qualche linea di febbre. La Asl a quel punto attivò il protocollo per le operazioni di triage. L’uomo fu trasportato all’ospedale di Avezzano dove attese l’esito del tampone. Positivo. Poi si rese necessario il trasferimento in un nosocomio romano, a due passi da casa, dove trascorse la degenza fino alle dimissioni. Dopo un anno è nel pieno delle forze anche se, vista la sua nobile discrezione, non ha voluto rilasciare dichiarazioni ma fa sapere di aver recuperato alla grande. Questo vuol dire che un’altra vita è possibile. E’ il piccolo segno di speranza che arriva dopo un anno lungo e faticoso, soprattutto per chi è stato sul fronte. Dai sanitari che lottano ancora oggi contro il tempo, alla prevenzione che traccia senza fermarsi mai fino all’esercito dei volontari con il grande cuore che si è fatto sentire. Ma c’è chi ha lavorato per garantire i servizi essenziali, si è adoperato per una didattica a distanza e in presenza, ha controllato strade e quartieri, ha firmato ordinanze, ha scritto e raccontato come noi che, alla fine, ci siamo pure contagiati. Perché in tempo di emergenza non si può restare sulla poltrona. C’è chi ha dovuto chiudere e non ha più riaperto, chi si è preso una multa e i tanti che hanno pianto congiunti. Chi è rimasto a casa e chi in ospedale. Le date da consegnare agli annali sono molte. Il 22 marzo il primo decesso Covid nel Centro Abruzzo. Il 25 marzo si accese il focolaio alla clinica San Raffaele di Sulmona mentre il 26 arrivarono i Carabinieri all’ospedale per la rianimazione convertita per i pazienti Covid. Il 3 aprile si registrò la prima vittima nel nosocomio cittadino. Il 12 aprile la Madonna corse nella Chiesa anziché in piazza. Il 7 agosto fu il giorno dell’inizio della seconda ondata per la Valle Peligna. Il 6 novembre la morte del paziente ospitato in ambulanza. A Sulmona, dall’inizio dell’emergenza pandemica, si sono contati 1295 casi Covid mentre nell’area peligno-sangrina 3177. A un esatto, al di là dei numeri e delle responsabilità, ci si chiede che cosa abbiamo capito di questo virus, che cosa è cambiato da allora e soprattutto chi siamo. Altro che due settimane o due mesi come si pensava all’inizio. Dopo un anno gli ospedali sono al collasso, i contagi si accertano con la variante e i vaccini vanno avanti ma senza garanzie e certezze sui tempi. L’auspicio è che il prossimo futuro ci faccia parlare di altro: ripartenza, nuovi modelli di vita, opportunità da creare per rialzare la testa e tornare a sorridere. Per questo la parola d’ordine è il “mantra” che da un anno a questa parte ci è entrato in testa. “Passerà“. Speriamo il prima possibile.

Andrea D’Aurelio

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