Anche le aziende del Fucino piegate dal rincaro del carburante. Di conseguenza aumenta il costo di produzione degli ortaggi e molti stanno pensando di abbandonare l’attività. E’ questo l’allarme lanciato dal Tavolo Verde di Luco dei Marsi composto da imprenditori agricoli, agricoltori e operatori di settore di Luco dei Marsi, e vede tra i membri permanenti le associazioni di categoria, Regione e istituzioni scolastiche. Tema dell’assemblea tenutasi mercoledì scorso il possibile rischio di carenza di risorse idriche in vista della stagione estiva ai lavori di manutenzione in programma per l’area fucense del territorio; la questione dei rincari, insostenibili, dei prezzi per il gasolio necessario per la produzione, dalla preparazione dei terreni alla semina fino al raccolto. Urgono interventi immediati ed efficaci che consentano di assorbire l’impatto dei rincari del carburante; per questo il Tavolo Verde si prepara a convocare, a stretto giro, le Associazioni di categoria e a interpellare le Istituzioni: i Rappresentanti si dicono pronti a promuovere tutte le azioni necessarie per ottenere risposte rapide e concrete.
Ma l’altra faccia della medaglia del Fucino porta alla ribalta della cronaca la maxi operazione anticamorra che ha portato a scovare una coltivazione di cannabis destinate allo spaccio nel napoletano. Undici le persone rinviate a giudizio, tra le quali tre marsicane. L’operazione risale a settembre del 2016 quando i carabinieri scoprirono e sequestrato oltre sei quintali di marijuana in un campo in mezzo al Fucino, nella zona di Strada 40, oltre ad altri quantitativi di canapa indiana in via di essiccazione in una serra, per un totale di oltre sei tonnellate. La coltivazione di cannabis veniva nascosta da lunghe file di granoturco che impedivano la vista da ogni lato Secondo l’accusa ci sarebbe stato un primo tentativo di insediamento nel 2015 a Luco dei Marsi, ma la piantagione non era andata a buon fine per problemi di coltivazione ed era stata data alle fiamme. Anche dopo il sequestro e gli arresti del 2016 la presunta associazione a delinquere ci aveva riprovato con una nuova coltivazione, poi fallita, nelle campagne tra Scurcola Marsicana e Capistrello, nel 2017. Gli accusati ritenevano infatti di poter continuare a operare nella Marsica anziché in Campania, presupponendo in una scarsa azione di controllo da parte delle forze dell’ordine locali.