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SULMONA – Ci aveva provato nella vigilia di Capodanno, creando scompiglio e seminando il panico tra detenuti ed operatori. Gli agenti penitenziari lo avevano fatto desistere. Il secondo tentativo purtroppo è andato a segno. Ancora disordini dietro le sbarre. Nella tarda mattinata di ieri un collaboratore di giustizia ha allagato l’apposita sezione del carcere di massima sicurezza sulmonese utilizzando un idrante. Il detenuto ha imbracciato il dispositivo per la presa d’acqua, replicando il gesto dimostrativo, fino ad allagare tutta l’area del penitenziario, creando un evidente nocumento agli agenti penitenziari operanti e agli altri reclusi. Con l’idrante tra le mani avrebbe minacciato anche i poliziotti penitenziari. Nonostante tensione e fibrillazione, sono stati proprio gli agenti a riportare la calma, placando gli animi del collaboratore di giustizia che ha dato in escandescenza. Alcuni mesi fa aveva aggredito un basco blu con un estintore. Una situazione insostenibile, nel vero senso della parola, che ha fatto riesplodere la protesta tra gli addetti ai lavori. Le organizzazioni sindacali avevano chiesto con insistenza il trasferimento dei collaboratori dalla struttura penitenziaria di piazzale Vittime del Dovere. Nel carcere senza pace inizia la conta dei danni. A causa dell’allagamento si sarebbero danneggiati alcuni arredi e suppellettili. Per la recrudescenza di tensioni e disordini, proprio ieri è stata inoltrata la lettera al Ministro Nordio dal sindacalista Uil, Mauro Nardella. “Oggi non vengono neanche più trasferiti quei detenuti che si rendono autori di gravi fatti durante la loro detenzione. Uno di questi ha scaricato l’intero contenuto di un estintore in polvere addosso ad un mio collega mandandolo, in uno stato di quasi soffocamento e per poco non reso cieco, dritto dritto in ospedale. Lo stesso detenuto, quasi a voler sbeffeggiare l’amministrazione per non dire lo Stato, non solo staziona nello stesso posto malgrado siano passati molti mesi dal grave gesto fatto, ma continua imperterrito nel suo insano modo di gestire la sua carcerazione”- si legge in un passaggio della missiva che rende l’idea sulle condizioni di lavoro in carcere. Tutt’altro che serene.

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