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INTRODACQUA. Il fatto non sussiste. Con questa formula il giudice del Tribunale dell’Aquila, Tommaso Pistone, ha assolto Pietro Ciamacco, infermiere 46enne di Introdacqua, che era finito sotto processo la morte di una paziente Covid, rimasta chiusa nel reparto G8 dell’Aquila dove l’infermiere, il 3 novembre 2020, in piena emergenza, prestava servizio. Da quanto è emerso in fase d’indagine si è appreso che la paziente, una donna peruviana di 65 anni, era stata ricoverata nell’ospedale aquilano, il 17 ottobre 2020, dopo aver contratto il coronavirus. Dalla cartella clinica, acquisita e sequestrata dagli investigatori, era venuto fuori che la paziente aveva presentato lievi segnali di miglioramento, nonostante il quadro clinico critico, fino al giorno stesso del decesso. Improvvisamente, quel 3 novembre, la respirazione della donna si era aggravata. Da qui la corsa dell’infermiere che, intercettando alcuni valori anomali, avevano avvisato il personale medico, chiudendo la porta della stanza di degenza, rimasta bloccata per 15 minuti. Quando i sanitari hanno raggiunto la stanza della rianimazione non c’era più nulla da fare. La donna era deceduta. Per sbloccare la porta si era reso necessario l’intervento di un tecnico. L’inchiesta era scaturita dalla denuncia dei familiari della 65enne. L’infermiere di Introdacqua era finito quindi sotto processo per omicidio colposo, per aver violato l’obbligo della vigilanza della paziente ricoverata in terapia intensiva. Nel corso del processo l’avvocato di Ciamacco, Alessandro Scelli e i periti della procura, hanno fatto notare che l’infermiere “altro non doveva fare che allertare il medico dal momento che “la paziente era in desaturazione e per ripristinare il regolare afflusso di ossigeno era assolutamente necessario l’intervento del medico rianimatore”. Una tesi che ha convinto il giudice che ha assolto Ciamacco, a fronte di una richiesta di risarcimento danni pari a 700 mila euro, presentata dalle parti civili, rappresentate dall’avvocato, Carlotta Ludovici. Anche il pm aveva chiesto l’assoluzione. “E’ la fine di un incubo durato quattro anni”- ha commentato Ciamacco subito dopo la lettura della sentenza. “Ho sentito la vicinanza di tanti colleghi in questi anni e sono soddisfatto dell’esito della sentenza. Non posso essere contento invece per la signora che, putroppo, non ce l’ha fatta”.

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