SULMONA – Morì per un malore improvviso a casa dell’amica ma l’ambulanza impiegò oltre un’ora per raggiungere il luogo e prestare soccorso. Così i familiari di Celestina Pacella, per il tramite dell’avvocato, Alessandro Rotolo, hanno intentato il giudizio civile nei confronti della Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila, avviando un’altra battaglia legale dopo il filone penale dell’inchiesta che si è chiuso diversi mesi fa con l’archiviazione del procedimento a carico di ben undici operatori del 118 che avevano preso in carico la 45 enne. La tragedia, che scosse e non poco l’intera comunità, risale al febbraio 2016. Celestina si era sentita male a casa di un’amica che aveva partorito da poco. Mentre parlavano del lieto evento, la donna aveva avvertito lancinanti fitte allo stomaco, tanto da non riuscire più a respirare. Così, in un primo momento fu allertato il fratello, con il quale la 45 enne viveva a Cantone di Introdacqua, e poi il 118. Dal racconto dei familiari e dell’amica sarebbe emerso che l’ambulanza arrivò a Cantone dopo un’ora e cinque minuti dalla richiesta d’intervento sul numero di emergenza. Quando gli operatori sono arrivati sul posto per la donna non c’era più nulla da fare. Le tempistiche delle operazioni di soccorso sono state confermate dalle perizie svolte nel corso delle indagini preliminari che non hanno portato, in ogni caso, a determinare un nesso di casualità con il decesso. Vista la diagnosi di infarto intestinale, secondo Pm e Gip, la morte della donna non è da ricondurre ad un’imperizia dei sanitari operanti. Da qui l’archiviazione del procedimento per undici operatori del 118 che la Procura aveva iscritto sul registro degli indagati solo nel 2020 dopo la terza opposizione alla richiesta di archiviazione. Sul piano penale non sono emerse responsabilità ma, in ordine alle tempistiche di soccorso, documentate negli atti, la famiglia è andata avanti e ha chiamato in causa il giudice civile per accertare gli eventuali danni nella sede competente.