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SULMONA – Per quelle botte abituali era stato perfino arrestato ma in realtà si trattava di una relazione fraterna per dividere le spese. Un 63 enne residente in città, T.D’.A., è stato assolto questa mattina dalla pesante accusa di maltrattamenti in famiglia. Il fatto non sussiste. I fatti risalgono alla notte tra il 17 e 18 dicembre 2021. I due si erano conosciuti sul web. Lei è di Varese e lui di Sulmona. Quando i Carabinieri sono arrivati nella comune abitazione del centro storico avevano rinvenuto la donna particolarmente scossa mentre il 63 enne si era da poco coricato. In base alle precedenti segnalazioni e al racconto reso della vittima, tenendo conto dei successivi accertamenti in ospedale, i militari avevano proceduto con l’arresto che il Tribunale non convalidò mancando la flagranza e semi flagranza di reato, applicando comunque i domiciliari. La vittima aveva raccontato di essere stata attinta all’addome con un coltello, spintonata e picchiata all’interno della casa in centro. I sanitari del pronto soccorso avevano riscontrato lesioni non gravi, dovute ad ecchimosi ed escoriazioni, giudicate guaribili in sei giorni. Una prognosi fortunatamente non di rilievo ma per Procura e Carabinieri la condotta dell’uomo non sarebbe stata episodica, visto l’intervento che si era registrato il 6 gennaio dello stesso anno. Dal canto suo l’imputato, difeso dall’avvocato, Serafino Speranza, aveva respinto sin da subito tutti gli addebiti, spiegando che si trattava di una relazione fraterna e non vi era mai stata violenza. Dormivano in letti separati e si erano ritrovati sotto lo stesso tetto per dividere le spese. D’altronde il clima tra i due si era subito rasserenato tant’è che nel corso della convalida la persona offesa avrebbe mostrato all’uomo perfino la “casina” dove era stata posta al sicuro. Il 63 enne avrebbe inoltre riferito di un assegno che la donna gli avrebbe sottratto in precedenza. Tutte le accuse insomma sono cadute nel corso del processo. L’uomo è stato assolto nonostante le misure cautelari che l’autorità giudiziaria ritenne di applicare all’epoca dei fatti. Il divieto di avvicinamento, ancora pendente, perde così si efficacia

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