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Vi riporto integralmente quello di cui ha parlato Lilli Mandara oggi nel suo blog e faccio mie le sue parole! 

“Non è questa l’immagine che mi hanno insegnato a rispettare, le istituzioni in cui avevo imparato a credere, la porta sicura alla quale bussare, affidarsi, per avere giustizia. Ma qui non si tratta neppure e non solo di giustizia, ma di sicurezza, equità, protezione. Sono disorientata, sconcertata, e anche indignata davanti all’immagine di una procura  e di forze investigative indifferenti che lasciano a piede libero, senza un ammonimento una diffida, un niente di niente, un tizio che ha preso a sprangate un avvocato di Sulmona, Vincenzo Colaiacovo, un avvocato mite, onesto, perbene. E che lasciano la vittima alla mercé del suo aggressore, perché nel frattempo Vincenzo è uscito dall’ospedale, dopo essere stato in pericolo di vita, e quel tizio potrebbe ritrovarselo di nuovo sotto casa, potrebbe minacciare e pestare ancora lui, i suoi figli, la sua compagna, condannati dai tempi biblici della giustizia a vivere guardandosi sempre alle spalle. 

No, non è questa l’immagine che mi hanno insegnato a rispettare, ed è da parecchio che le mie convinzioni hanno iniziato a vacillare, ma questa volta bisogna dirlo, questa volta c’è di mezzo la sicurezza, la vita di una persona, il sacrosanto diritto di interrogarsi sulla reale capacità di uno Stato di difenderci. Il caso di Vincenzo Colaiacovo mi fa pensare alle centinaia di donne uccise da mariti, compagni, fidanzati dopo avere inutilmente denunciato atti di violenza, stalking, minacce. Segnali e denunce caduti nel vuoto.

Non è la prima volta che la magistratura, giustamente autonoma nell’amministrare la giustizia, compie azioni lontane, lontanissime dal sentire comune. E il sentire comune, aspettate ad arricciare i nasi, non è concetto estraneo alla giustizia: è a essa così connaturato che la giurisdizione nei casi più gravi è affidata a corti composte da giudici popolari e togati.

E allora mi chiedo cosa accadrà, domani per esempio, se io tu voi incontrassimo sotto casa un assassino o un pazzo o un rapinatore che ci dovesse prendere a sprangate. Andremmo ancora a denunciare? E ogni insoddisfatto, deluso, arrabbiato, domani sarà legittimato a prendersela con l’avvocato della controparte, a massacrarlo di botte, sicuro di farla franca? 

Vorrei dirvi che non è vero, che la giustizia è altro, e’ quella in cui ci hanno insegnato a credere, quella lì. Del poliziotto buono, del giudice onesto e del ladro cattivo.

Invece no, la brutta pagina che si sta consumando a Sulmona, ci dice proprio di no. “

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