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SULMONA – “I nostri figli hanno diritto ad avere una mensa quanto meno dignitosa e le istituzioni devono garantire questo diritto. Il menù non è idoneo a bambini in età scolare” È questo un passaggio della petizione on line lanciata da un gruppo di famiglie di alcuni istituti scolastici, all’indomani dell’aumento dei costi del servizio di refezione scolastica. I genitori hanno quindi promosso la raccolta firme e hanno indetto la “protesta della merenda”, nel senso che il prossimo lunedì 27 febbraio i piccoli studenti non pranzeranno alla mensa. In tanti hanno già segnalato l’assenza sul portale di riferimento e sono pronti a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine qualora agli alunni non sarà consentita la consumazione da casa come pasto alternativo. “Non posso pensare che mia figlia di otto anni possa sbucciare un kiwi senza gli strumenti adatti”- tuona una mamma. Per non parlare del rapporto quantità-prezzo. I prezzi sono lievitati visto l’aumento dei costi. Ma tale situazione ha scatenato la protesta di talune famiglie, soprattutto di quelle che hanno più figli a carico. Un “pranzo indigesto” che è da relegare non tanto alla qualità del cibo che viene servito nelle mense scolastiche quanto ad altri fattori e vincoli previsti nel bando. Dettami che gli operatori devono seguire pedissequamente. Senza contare che le due ditte che gestiscono il servizio sono costrette a fare più di una spola per consegnare i pasti vista la diversa dislocazione delle mense sulmonesi. “Sarebbe necessario”- spiegano le ditte – “uniformare innanzitutto gli orari dei pasti per risparmiare il costo del trasporto del pasto da un refettorio all’altro. Inoltre sarebbe auspicabile una conformazione del menù per dare respiro all’economia agricoalimentare locale per privilegiare la tipicità del prodotto”. Altro problema riguarda i costi per il portale di riferimento. Per risolvere il problema sarebbe il caso di mettere gli addetti ai lavori intorno ad un tavolo per recepire le indicazioni volte a calmierare i costi e a valorizzare i prodotti del territorio. “Siamo sottoposti a continui controlli. Quindi il problema non è sicuramente legato alla qualità del cibo”- chiosano gli operatori

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