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SULMONA. Si dicono estranei ai fatti sono pronti a fare valere le loro ragioni nelle sedi opportune i cinque indagati per la vicenda della villa di via Tratturo, sequestrata ieri dalla procura della repubblica di Sulmona. L’inchiesta, che era partita da un esposto dei comitati cittadini per l’ambiente, si è chiusa sempre ieri con l’avviso di garanzia e di conclusione delle indagini preliminari, emesso dal sostituto procuratore della repubblica, Edoardo Mariotti, per cinque persone: G.Z., F.Z. e E.Z., proprietari della palazzina e titolare della ditta assieme ai due progettisti e direttori dei lavori, L.D.B. e A.G. Per gli inquirenti il quadro è ormai chiaro tant’è che gli indagati, difesi dagli avvocati Alessandro Margiotta e Luca Tirabassi, sono stati avvisati che le indagini sono chiuse ed hanno venti giorni di tempo per presentare le memorie difensive o chiedere di essere interrogati a norma di legge. La procura contesta ben sedici violazioni ai cinque accusati, a vario titolo, di aver realizzato “opere volte alla trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti, senza la prescritta autorizzazione sostanziale”. Inoltre, sempre secondo l’accusa, i cinque “hanno programmato un intervento non finalizzato al recupero di fabbricati preesistenti di cui fosse conservata traccia, non avendo gli immobili oggetto di ristrutturazione caratteristiche funzionali o identitarie con quelle dell’unico corpo di fabbrica da realizzare”. Le indagini della procura non hanno coinvolto il Comune che, nel procedimento, è persona offesa. Almeno in questo filone. La storia è quella di una baracca che grazie ad una sanatoria, è stata oggetto prima di ampliamento con la Legge 43 e poi di demolizione e ricostruzione con il superbonus 110, in una zona destinata a parco urbano dove, secondo il prg, non si può costruire, come hanno ricordato i comitati alla procura. Una vicenda che è diventata anche un caso politico tanto che, la consigliera, Teresa Nannarone, ha parlato di “assenza della politica”. Gli indagati in ogni caso sono pronti a respingere tutte le accuse, ritenendo che si tratti di un procedimento assolutamente ordinario e di aver ottenuto tutte le autorizzazioni per la realizzazione della palazzina. “A tempo debito chiariremo le nostre posizioni. ”- ribattono alcuni dei cinque indagati, convinti questo clamore si sgonfierà

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