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Si cerca tra le sfumature, nei particolari, nei silenzi e ognuno dentro di noi immagina la scena, come in un film. Sebbene ne avesse le sembianze, è tragica realtà quella emersa dalle indagini degli investigatori che sono riusciti a ricostruire il dramma della carneficina. E così viene fuori il quadro del crimine: Carlo Vicentini era andato in pensione a dicembre. Fino ad allora era stato primario urologo al Mazzini di Teramo. Ma insegnava anche all’Università dell’Aquila. Nel 2023 la sua vita si concentra tra le mura della sua casa che custodiscono la sofferenza dalla quale il medico si alleggeriva con il tran tran della quotidianità, dei suoi impegni: suo figlio Massimo, 43 anni, era affetto da una grave distrofia muscolare che lo costringeva a dipendere da un respiratore. Nonostante la sua invalidità, i genitori gli avevano permesso una vita costruttiva così come gli studi universitari. Ma a gennaio un lungo ricovero del figlio aveva un po’ piegato le certezze. La moglie di Vicentini, Carla Pasqua, 63 anni, era funzionaria amministrativa dell’Asl dell’Aquila in pensione. La figlia Alessandra, 36 anni, era nutrizionista nel reparto di oncologia dell’ospedale di Teramo. Vicentini, dal carattere introverso, aveva lasciato le porte aperte solo all’attività privata che conduceva nella villetta. Ma per ricostruire la pagina finale di questo racconto familiare, occorre procedere su una strada priva di giudizi, opinioni, ipotesi e quant’altro. Perchè l’animo umano è un oceano, profondo, immenso. La vita richiede autogestione ed ogni persona è un mondo a sé. Il cervello è una centrale eletttrica. Quella notte qualche circuito si è interrotto e lo conferma la serie interrotta di pensieri che ha trascritto prima del gesto: l’uomo è andato nella stanza del figlio che era a letto e con la sua P38 lo ha freddato. La figlia, spaventata, ha cercato riparo sotto il letto ma non ha potuto evitare la morte. La moglie ha tentato di fermarlo ma è stata freddata anche lei, lungo il corridoio. E poi si è recato nella sua camera ed ha concluso questa lunga, infinita catena di sofferenza. Il quadro si chiude, quattro vite svampate nell’attimo in cui il circuito elettrico ha subito interferenze. Spesso, dinanzi a queste, poco si può fare. Un’altra storia da custodire nell’archivio della cronaca nera.

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