SULMONA – Arrivare puntuali a un appuntamento con i mille impegni da assolvere nel corso della giornata sembra di questi tempi una vera e propria impresa. Dalla raccolta di opinioni condotta da Onda Tg la maggior parte degli intervistati non ama arrivare tardi né agli incontri occasionali e né tantomeno a quelli canonici. In pochi hanno confessato di essere predisposti ad arrivare in ritardo, solo un intervistato rientra nella categoria dei cosiddetti anticipatari. Normalmente si dice che la puntualità è il primo biglietto da visita della persona ma le abitudini e gli stili di vita dipendono anche dal carattere e dal vissuto personale. E’ la psicologa Antonella Di Mattia ad accompagnarci nella nostra inchiesta. L’esperta rileva che “chi ha ricevuto un’educazione rigida e dei genitori autoritari ed iperprotettivi probabilmente sarà un ritardatario cronico poiché rifiuterà ogni tipo di regola, anche la puntualità . Di contro, «chi viene cresciuto da genitori capaci di trasmettere il rispetto delle regole e degli altri, difficilmente da adulto farà attendere qualcuno». “Dietro la persona puntuale spesso si cela semplicemente una personalità equilibrata, conscia del significato del rispetto per il prossimo e con una buona organizzazione degli eventi dinamici della propria giornata. Diverso il discorso sui soggetti “anticipatoriâ€: tendenzialmente racchiudono in loro elementi di insicurezza ed ansiaâ€- fa notare la Di Mattia. Dietro a chi arriva tardi molto spesso non si nasconde un disagio psicologico. Oltre al ritardatario involontario, vittima di contingenze esterne, ritardi imprevedibili e indipendenti da sé, la psicologa spiega che ci sono almeno altri tre tipi di ritardatari: quello impegnato e ottimista che corre dietro al tempo per sbrigare più cose possibili e che a fine giornata resta comunque sempre soddisfatto di ciò che è riuscito a fare, il ritardatario in perenne lotta contro il tempo con un carattere forte e competitivo e quello cronico, concentrato essenzialmente sui suoi bisogni. Tranne alcune eccezioni, efficienza e ottimismo, insomma, il “ben fare†è il fattore principale di ritardo. Pare proprio che a volte valga la pena non aver cura dell’orologio.
Andrea D’Aurelio