In un suo post su Facebook, Annamaria Vincenzi ricorda che, purtroppo, non è la prima volta che accade una tragedia simile a quella dell’asilo di Pile. Nel 2009, sua figlia Emma, a Torino, fu investita da un’auto con il freno a mano inserito male. Emma era stata investita insieme ad altri due bambini da un Suv senza conducente parcheggiato in pendenza e che lentamente aveva cominciato a muoversi prendendo velocità e travolgendo i piccoli. Emma subì un forte trauma cranico tanto da non darle speranze. Dopo un delicatissimo intervento è riuscita a cavarsela ma ancora oggi porta i segni dell’accaduto.
E poi ancora: “7 agosto 2018: Lavinia, 16 mesi, investita all’asilo nido perché la maestra lascia il cancelletto aperto, Lavinia gattona nel cortile e una mamma entra con l’auto, non la vede e la prende in pieno. Lavinia è in stato vegetativo da allora”.
Quel che è certo è che a L’Aquila sono giorni di disperazione, ma non di rabbia. Perché la tragedia è anche quella della famiglia bulgara suo malgrado protagonista dell’accaduto. La donna vive all’Aquila con i tre figli, ed è una 38enne di origini bulgare, e fa parte di una famiglia che da anni vive e lavora nel capoluogo dove è perfettamente integrata e stimata. La donna non si dà pace per quanto accaduto, così come i suoi familiari: lei è casalinga, il marito operaio. «Tutta la famiglia, non solo la signora, è a dir poco addolorata, sconvolta. Marito e moglie non riescono a darsi pace. I tre bambini sono sotto shock. E’ una tragedia nella tragedia. E’ una colpa ma anche circostanze sfortunate e fortuite per una donna che ogni giorno faceva questi movimenti». Così racconta l’avvocato Francesco Valentini, difensore della donna. «È una famiglia visibilmente provata, la signora non sa come comportarsi, non sa quale sia la corsa giusta da fare: chiede scusa e lo farà formalmente quando ci sarà la possibilità e qualora le altre famiglie lo volessero. Ci difenderemo dalla accusa di omicidio stradale. Aspettiamo le risultanze tecniche dei vari esami prima di fare una analisi – continua il legale -. Bisogna riflettere sul fatto che la macchina si sia spostata dopo alcuni minuti e che abbia finito la sua corsa rompendo la recinzione che non era ancorata al muretto ma a terra». La donna sarà sentita nei prossimi giorni. Il figlio 12enne è stato sentito nella notte alla presenza di una psicologa «ma in evidente stato di shock ricorda poco o niente», spiega ancora Valentini.
La donna racconta: “L’auto veniva giù senza controllo dalla rampa troppo breve per concedere il tempo di una sterzata, che il figlio undicenne, rimasto in macchina, è convinto di aver tentato prima di cercare di scappare dal finestrino, ma finiva contro la recinzione e verso i piccoli, dando anche un forte colpo alla testa. Ho cercato di fermarla. Con le mani. Ma non ce l’ho fatta. Le mie figlie hanno visto le drammatiche scene e sono sotto shock: siamo distrutti e addolorati, chiediamo e chiederemo ancora scusa alla famiglia del povero Tommaso e dei bambini feriti. Ho parcheggiato la macchina in pianura, ho inserito la marcia, non mi ricordo di aver inserito il freno a mano», ripete. Mentre l’avvocato smentisce la frase attribuita al ragazzo: «L’ho ucciso io quel bambino». «Non l’ha mai detta», assicura.
Ha anche riportato di aver parcheggiato in piano e non in discesa, ma come ha spiegato il suo legale è comprensibilmente sconvolta e non ricorda moltissimo di quei momenti. La donna è disperata, così come i parenti. Nessuno, però, se la prende con lei o con il ragazzo. Anche la famiglia di Tommaso. Patrizio D’Agostino, papà di Tommaso, il bimbo di 4 anni morto è uno dei primi ad arrivare sul posto perché abita proprio lì, difronte l’asilo. La vita di Patrizio D’Agostino, dipendente di una catena di prodotti per la casa, e della moglie Alessia Angelone, operatrice di una struttura per l’infanzia, si ferma di colpo: dalla speranza nell’affidare Tommaso alle cure dei medici alla notizia che mai si sarebbero aspettati e che è piombata come un fulmine a stravolgere le loro vite. Alle 16.45 viene comunicato che il piccolo Tommaso non ce l’ha fatta, è morto durante il trasporto in ospedale.
«Non portiamo rancore. Né a quella donna, né al bambino che era nella macchina. Ci rendiamo conto che è una tragedia per tutti. È stata una fatalità, una disgrazia. Lei non c’entra nulla. Sarà disperata quanto noi, anche la sua vita in fondo è stata rovinata. È giusto darle un abbraccio e farle sentire che abbiamo capito”.
Si commuove a quel perdono a distanza la proprietaria dell’auto: «Sono parole bellissime. Ci aiutano in questi momenti terribili in cui siamo tutti distrutti. Un po’ ci sollevano. Ringrazio tanto il papà e la mamma di Tommaso. Il nostro pensiero è sempre a loro. La loro tragedia e anche la nostra. Vorremmo tanto che non fosse mai accaduto». Oggi dovrebbe essere affidato l’incarico per l’autopsia. Intanto l’inchiesta potrebbe coinvolgere anche altre persone: la Procura della Repubblica e la Squadra Mobile dell’Aquila stanno facendo accertamenti sulla sicurezza all’esterno dell’asilo e negli spazi circostanti. In particolare gli approfondimenti documentali e tecnici tendono a chiarire se le macchine potessero parcheggiare e se a norma e sufficiente la recinzione nel giardino.
Stabili le condizioni dei bambini ricoverati. Il bollettino medico odierno fa sapere che il bimbo di 4 anni ricoverato in terapia intensiva all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha “respiro spontaneo assistito e parametri vitali nella norma. Prosegue il monitoraggio delle contusioni polmonari”. La prognosi sulle sue condizioni resta riservata.