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Difficilmente la storia rende merito a uomini militari e/o civili, di chi è stato sconfitto, la storia è scritta dai vincitori che scrivono ciò che vogliono.

Nell’anniversario della fine della seconda guerra mondiale, (8 Maggio 1945) desidero parlare di una figura che appare di secondo piano, un personaggio, perso, nelle righe dei libri di storia, ma un uomo tenuto in grande considerazione da tutto l’ambiente militare del mondo occidentale. Il comandante porta il nome di Grand Ammiraglio Karl Donitz nato il 16 Settembre 1892 a Grünau una località vicino a Berlino da Emil Donitz ingegnere e Anna Beyer. Egli aveva un fratello maggiore Friederich. La sua carriera, come scrisse nelle sue memorie, si riassume nella seguente dicitura “Venti anni e Dieci Giorni”.

Militare di professione, si pone già in evidenza nella Marina Imperiale di Guglielmo II, prestando servizio nel Mediterraneo, contro le navi Italiane e nel Mar Nero contro le navi Russe. Infine nel 1918 fu trasferito alla flotta di sommergibili comandando l’U-Boot UB-68, affondato e catturato poi dagli Inglesi. Finita la I’ G.M. riuscì a entrare nella nuova Reichsmarine, con il grado di Comandante in Capo della nuova flotta di sommergibili U-Bootwaffe. Qui trovò in Erich Reader un suo grande osteggiatore, Comandante in capo della Flotta di Superfice. I due, loro malgrado, si ritrovavano in continua competizione, per i finanziamenti che Hitler e Goring ponevano a loro disposizione, per il potenziamento delle rispettive flotte. Tutti e due comunque erano ben consci che le loro flotte, non sarebbero mai arrivate all’altezza della potenza marinara della Royal Navy.  In questo periodo Donitz inizio a progettare nuove tattiche da combattimento, per limitare l’afflusso dei rifornimenti agli inglesi. Tattiche che divennero più efficaci con l’entrata in servizio dei nuovi U-Boot serie VII, questa tattica andava sotto il nome di “Branco di Lupi”, denominata cosi perché era attuata con più unità che attaccavano da direzioni diverse il nemico. Grazie ai successi ottenuti, Donitz fu insignito della “Croce di Cavaliere” nel 1940 e promosso Ammiraglio nel 1942. Egli intuì che gli alleati avevano decifrato il codice Enigma, per questo tra i sommergibili si utilizzava un codice diverso che mise gli alleati in grave difficoltà. Alla fine della guerra tuttavia, malgrado i successi ottenuti, il reparto sommergibili riportò 27.000 uomini caduti in combattimento a fronte di 39.000 effettivi, con la perdita di 630 U-Boot su 863 unità in servizio. Donitz si tenne sempre alla larga dalle lotte di potere attorno ad Hitler e non si iscrisse mai al partito e per questo che con molto stupore accolse la volontà del Fuher di nominarlo suo successore alla guida della Germania e del III Reitch, dopo il presunto suicidio dello stesso Hitler e di sua moglie Eva Braun.

Donitz accettò il gravoso incarico costituendo un nuovo governo, cercando di evitare ulteriori sofferenze alla popolazione tedesca, trattando la resa senza condizioni con le truppe alleate, firmata poi dal Feldmaresciallo Keitel l’8 Maggio 1945. Il Governo messo su da Donitz rimase in carica sino al 23 maggio, giorno dell’arresto di tutto il governo, da parte degli Alleati. Fu incarcerato in Inghilterra e posto sotto processo, per “Crimini di guerra” la cui motivazione citava “Guerra sottomarina senza limiti”, una vera e propria barzelletta. Espiò il suo debito nel 1956, pagando un grosso contributo anche negli affetti familiari: il figlio più giovane Peter ufficiale imbarcato sull’U-Boot 954, cadde in combattimento nel nord Atlantico, insieme a tutto il suo equipaggio, il figlio maggiore Klaus aspirante ufficiale medico della Marina cadde il 13 maggio 1944 durante un attacco della motosilurante sulla quale era imbarcato, la S-141, al largo di Selsey sulla costa inglese. Aveva 24 anni.

Uomo d’onore rimase solidale ai suoi principi e verso la sua nazione, mentre la nuova Germania Federale tentava di toglierli anche la pensione di guerra. Tutto il contrario dei suoi nemici, ufficiali e comandanti alleati, ufficiali delle marine di Stati Uniti e Inghilterra, che lo difesero a spada tratta nel processo di Norimberga, partecipando numerosi ai suoi funerali, il 24 dicembre del 1980 accanto agli ufficiali tedeschi della Bundesmarine, i quali sfilarono in divisa, sfidando il divieto posto dagli alleati. Con loro, oltre 100 decorati della Croce di Cavaliere per dare l’ultimo saluto a quell’uomo, a quel soldato, a quell’ammiraglio chiamato a giusto titolo “Il Leone”.

La Redazione

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