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Nell’intento di dare (finalmente) un’accelerata alla procedura di approvvigionamento e distribuzione dei vaccini anti-covid, evidentemente  lacunosa finora se è vero come è vero che l’Abruzzo è tra le Regioni con minor numero di dosi somministrate ( 91.981) a fronte di quelle  consegnate (129.950), il Governatore Marsilio dimostra di sbagliare nel metodo con cui intende operare questa declamata “svolta”, pianificando una redistribuzione delle dosi disponibili per l’Abruzzo finalizzata a incrementare la campagna nelle sole zone rosse.
E lo fa, principalmente, nel voler giustificare il potenziamento del piano vaccinale sulle Province più colpite di Pescara e Chieti, quindi a discapito di L’Aquila e Teramo, col solo motivo di risultare quelle con più contagi nelle ultime settimane, non uniformando  tutta la Regione e  con ciò non tenendo conto, evidentemente,  che il ragionamento più razionale ( e non è un paradosso!) sarebbe invece proprio di vaccinare nelle zone dove il virus circola a livelli bassissimi e l’incidenza è molto meno drammatica ( vedi la Provincia dell’Aquila! ).
Prova ne è la Sardegna, prima Regione bianca d’Italia da pochi giorni, dove, pur sempre con obblighi di mascherine e distanziamento, è stata richiesta al Governo una corsia veloce per vaccinare tutti i sardi entro 45 giorni e consolidare l’isola nel percorso Covid-free.
Ancor meno aderente alla realtà, poi, è la proposta del Governatore Marsilio di ritardare la somministrazione della seconda dose ai già vaccinati (!).
Ipotesi davvero curiosa quest’ultima per il fatto che, ad oggi, non ci sono dati ufficiali per indicare con precisione per quanto tempo una seconda dose potrebbe essere ritardata senza comprometterne l’efficacia, come pure non è nota nemmeno la durata dell’immunità prodotta dal regime a due dosi o come la tempistica della dose influenzi l’immunità nelle persone anziane e immunocompromesse, dalle quali deriva la maggior parte dei ricoveri e dei decessi.
Ritardare, pertanto, il “richiamo vaccinale” potrebbe lasciare queste persone inadeguatamente protette e, contemporaneamente, impedire di raggiungere il principale obiettivo di alleviare l’aumento dei ricoveri ospedalieri; ed inoltre verrebbe meno l’alto livello di protezione da garantire al personale sanitario in prima linea e agli altri lavoratori essenziali, di fatto negando loro la possibilità di lavorare nel modo più sicuro, per se stessi e per gli altri.
Piuttosto, un’idea concreta per accelerare la vaccinazione sarebbe quella di somministrare le dosi anche in occasione delle degenze ospedaliere con esigenze sanitarie diverse dal Covid-19, altro che differenziazioni territoriali.
E’ inutile girare troppo intorno all’evidenza: occorrere vaccinare tutti e nel più breve tempo possibile, motivo per cui nessuna Regione può permettersi di diversificare i livelli di intervento vaccinale e rifornire maggiormente le  zone più colpite rispetto ad altre in cui, invece, parrebbe persino più facile debellare il virus in virtù del minor numero di contagiati e, quindi, consentire un più rapido ritorno alla tanto agognata “nuova normalità”.

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