“L’enorme dispiegamento di forze richiesto al personale sanitario, alla protezione civile e ai cittadini della nostra regione per mettere in piedi la macchina dello screening di massa con i tamponi rapidi sembrerebbe, alla luce dei numeri pubblicati, aver dato scarsi risultati” afferma Sara Marcozzi, Capogruppo M5S in Regione Abruzzo. Dopo l’ultimo fine settimana che ha visto diverse amministrazioni comunali impegnate sul territorio nella campagna di test antigenici rapidi promossa da Regione Abruzzo, i numeri dei positivi rintracciati a seguito dello screening di massa sembrerebbero essere molto bassi, talmente bassi da sembrare inverosimili e poco affidabili. Infatti, dai dati in nostro possesso, sembrerebbero troppo pochi i casi positivi scoperti e ancor meno coloro che, dopo essere risultati positivi al test antigenico rapido, hanno confermato la loro positività anche al tampone molecolare RT-PCR. Tanto per fare un esempio concreto, a Guardiagrele, città balzata sulle cronache internazionali per via del focolaio con variante inglese, delle 4.334 persone sottoposte a test rapido soltanto 10 sono risultate positive e di queste solo due sarebbero state confermate positive nella successiva fase di controllo attraverso il tampone molecolare RT-PCR Numeri ben diversi dai test di massa effettuati con tampone molecolare RT-PCR a Pizzoferrato dove sono risultate positive 71 persone sulle 530 che si sono sottoposte a tampone molecolare RT-PCR. “Abbiamo a disposizione numeri ormai consolidati, anche parziali – stante la mancanza di trasparenza nelle relazioni delle ASL – ma comunque sufficienti a svolgere alcune considerazioni di merito sulle risorse economiche messe in campo dalla Regione e sulla mobilitazione del personale sanitario e di protezione civile, a cui va il mio personale ringraziamento per il loro contributo. I numeri di Guardiagrele, rispetto all’individuazione di positivi attraverso i test antigenici rapidi, sono inverosimili e pericolosi dal punto di vista dell’obiettivo finale: l’individuazione di positivi e il successivo isolamento al fine del contenimento della pandemia. Numeri che fanno dubitare sull’affidabilità dei test rapidi e destano preoccupazione in quanto il tasso di positività regionale viene calcolato attraverso la somma di tamponi molecolari e test rapidi. A preoccupare, oltretutto, sono i comportamenti di coloro che, sottoponendosi al test antigenico rapido e ricevendo un esito negativo, potrebbero sentirsi tranquilli e autorizzati ad attuare comportamenti più disinvolti nelle relazioni sociali, così contribuendo al diffondersi della pandemia” commenta Marcozzi. Destano purtroppo non pochi dubbi anche le forniture dei test antigenici rapidi utilizzati negli screening di massa da Regione Abruzzo. Infatti, a seguito di una indagine interna che abbiamo svolto, risulterebbe che il noto imprenditore della comunicazione, Michele Russo, avrebbe fornito attraverso la società Proxima Srl parte dei test antigenici rapidi acquistati da Regione Abruzzo. Ciò sarebbe avvenuto in un primo momento per il tramite della Protezione Civile regionale attraverso la sottoscrizione di un contratto di fornitura fra Regione Abruzzo, nella persona del Presidente della Regione Marco Marsilio, e la Proxima Srl, nella persona dell’amministratore unico, Michele Russo appunto, in data 16 dicembre 2020. L’anomalia che desta perplessità sta nel fatto che il 31 dicembre – giorno successivo alla determina con cui la Protezione Civile regionale disponeva impegni di spesa relativi al pagamento di tutti e quattro i fornitori – con nuova determina revocava in autotutela il pagamento delle forniture, pur confermando l’impegno di spesa assunto e trasferendo fondi e onere di pagare i corrispettivi alla Presidenza della Regione. A oggi, sarebbero quattro le forniture acquistate dalla Regione attraverso una manifestazione di interesse con affidamento diretto: la prima, n. 50.000 tamponi antigenici rapidi per un importo di euro 134.000,00 offerti dalla Tron Group Holding Srl (2,68 euro al pezzo); la seconda, n. 108.940 tamponi antigenici rapidi per un importo di euro 249.472,60 forniti dalla Fora Spa (2,29 euro al pezzo); la terza, n. 50.000 tamponi antigenici rapidi per un importo di euro 147.000,00 forniti dalla High Tech Screw Srl (2,94 euro al pezzo) e la quarta, n. 35.000 tamponi antigenici rapidi per un importo di euro 105.000,00 forniti dalla Proxima Srl (3,00 euro al pezzo. Proprio quest’ultima, la società Proxima Srl con sede in Roma, che avrebbe fornito alla Regione i test al prezzo unitario più alto, risulterebbe avere quale amministratore unico l’esperto di comunicazione Michele Russo. Ma i dubbi sui test rapidi non sembrano fermarsi. A questo dobbiamo aggiungere, infatti, che il Ministero della Salute, con circolare del 8 Gennaio 2021 consigliava, fra gli altri, anche alle Regioni l’utilizzo di test antigenici rapidi di seconda generazione con determinate caratteristiche, e segnalava una piattaforma dove verificare requisiti minimi e qualità dei singoli test. Al momento, tre dei quattro test, acquistati dalla Regione, non risultano presenti nell’elenco dei test valutati dalla piattaforma e non è dato sapere se i tamponi rapidi utilizzati durante queste campagne di screening rispondano ai requisiti minimi suggeriti dal governo, cioè con sensibilità maggiore del 97%, dato che l’avviso per indagine di mercato affidato da Regione Abruzzo ad Aric prevedeva fra i requisiti tecnici minimi sensibilità maggiore del 90%, e non al 97% come previsto dalla circolare ministeriale. “Troppi dubbi e incertezze sull’attendibilità dei test rapidi sembrerebbero rendere del tutto vani gli sforzi economici e umani impiegati negli screening di massa, per questo ho depositato un accesso agli atti e una interpellanza urgente per far luce sulla vicenda. Se i nostri dubbi dovessero essere confermati nei prossimi giorni, c’è da chiedersi se convenga proseguire negli screening di massa con i test rapidi. Risulta, infine, incredibile pensare che l’esperto di comunicazione di fiducia della maggioranza, che ha già ricevuto numerosi incarichi diretti dalla Giunta e dalle ASL regionali, possa essere anche il fornitore di dispositivi medici, peraltro i più costosi, per diagnosticare il Covid19.” conclude Sara Marcozzi “La realtà supera sempre l’immaginazioneâ€.