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Strane e complesse macchine da pesca, issate su palafitte e sorrette quasi miracolosamente da una ragnatela di cavi e assi; testimoni di un’antica civiltà legata alla pesca e al mare, nonché fedeli guardiani della nostra costa.

I trabocchi, non hanno una forma stabile, ma nelle loro parti essenziali, consistono in piattaforme, composte da tavole e travi non completamente connesse, elevate su primitivi pilastri conficcati sul fondo del mare o su scogli, e congiunte alla vicina riva da esili passerelle. Dalla piattaforma si staccano le antenne, che sostengono le reti per mezzo di un complicato sistema di carrucole e funi.

La loro architettura è leggera ma allo stesso tempo solida, in grado di sopportare il peso della robusta rete da pesca e le sollecitazioni delle tempeste marine, a seguito delle quali spesso, perdono pezzi più o meno importanti e necessitano di aggiustamenti e riparazioni a cui pensano i “Traboccanti”, depositari e custodi di un’antica e affascinante arte, apparentemente primitiva e improvvisata, ma in realtà evoluta quanto le più complesse tecniche ingegneristiche.

Nonostante la varietà dei legnami e dei materiali utilizzati per la loro costruzione, molti dei quali reciclati, i trabocchi risultano molto armonici ed eleganti nel complesso gioco di fili, corde e pali che si intrecciano tra loro.

Le origini dei trabocchi sono in parte  ancora oscure. Secondo alcuni storici il trabocco sarebbe un’invenzione importata dai Fenici, mentre alcuni studiosi delle tradizioni locali preferiscono collocare in epoche più recenti la loro nascita, grazie al ritrovamento di documenti che attestano la presenza di queste strutture a partire dal XVIII secolo.

La tecnica utilizzata dai traboccanti per pescare è “a vista”

Consiste nell’intercettare, con le grandi reti a trama fitta, i flussi di pesci che si spostano lungo gli anfratti della costa . Occorre una grande perizia da parte del traboccante; questi  posiziona  i trabocchi là dove il mare presenta una profondità adeguata  di almeno 6m  a ridosso di punte rocciose orientate in genere verso Sud Est o Nord Ovest , in modo da poter sfruttare favorevolmente le correnti.

La rete  a bilancia, viene calata in acqua grazie ad un complesso sistema di argani e poi prontamente tirata su per recuperare il pescato.

Oggi, dopo un periodo di scarso utilizzo e di oblio, i trabocchi sono tornati al centro dell’attenzione,  anche grazie ad una legge della Regione Abruzzo, emanata nel 1994, che ne promuove il recupero, considerandoli importante patrimonio culturale e ambientale, vere e proprie opere d’arte da trasmettere ai posteri.
Grazie a questa legge,  molti trabocchi, ormai in stato di degrado, sono stati recuperati e resi funzionanti, divenendo  il vero motivo di attrazione della costa su cui sorgono, nota come “Costa dei Trabocchi”, tratto di litorale Adriatico nella provincia di Chieti, ogni anno meta di numerosi turisti provenienti dall’Italia e dall’estero.

La loro primitiva architettura, le vecchie reti, gli utensili di lavoro  raccontano storie di epoche  lontane ed emanano un fascino d’altri tempi, che accende l’immaginazione e stimola la curiosità di tutti coloro che al misterioso mondo dei trabocchi si accostano, mentre i più golosi potranno deliziare il loro palato nei tanti trabocchi oggi adibiti a ristoranti, ideali per una cena romantica letteralmente “sul mare”.

Marcella Mastrogiuseppe

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