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Per oltre due secoli, i calchi dei corpi delle vittime dell’eruzione del Vesuvio a Pompei hanno offerto un’immagine tangibile della devastazione e delle vite spezzate nel 79 d.C. Ora, i recenti progressi nella tecnologia del DNA antico hanno permesso agli scienziati di analizzare frammenti di ossa recuperate dai calchi in gesso, fornendo nuove informazioni sull’identità e le relazioni delle persone coinvolte. Questo studio, pubblicato su Current Biology, svela dettagli significativi, spesso in contrasto con le ipotesi storiche basate solo sull’osservazione esterna dei calchi.

A partire dal XVIII secolo, gli archeologi hanno creato oltre 100 calchi in gesso delle vittime, riempiendo i vuoti lasciati dai tessuti molli decomposti. In alcuni casi, però, frammenti ossei originali sono rimasti nei calchi, offrendo un’opportunità unica per recuperare materiale genetico. Tuttavia, la conservazione del DNA è stata una sfida notevole: l’elevato calore dell’eruzione e la successiva interazione con il gesso hanno deteriorato gran parte del materiale genetico. Con molta fortuna e precisione, i ricercatori sono riusciti a raccogliere frammenti di ossa da 86 dei 104 calchi, ottenendo genomi completi o parziali da cinque individui.

Uno degli aspetti più sorprendenti emersi dall’analisi del DNA riguarda il sesso e le relazioni tra le vittime. Per anni, un calco che raffigurava un adulto con un bambino in braccio era stato interpretato come una madre che cercava di proteggere il proprio figlio. Tuttavia, l’analisi genetica ha rivelato che l’adulto era in realtà un maschio e che non c’era alcun legame biologico tra lui e il bambino. Questo risultato dimostra come interpretazioni senza basi scientifiche possano condurre a conclusioni distorte.

I risultati genetici hanno anche fornito una nuova visione sulla composizione etnica della popolazione pompeiana. I campioni analizzati hanno mostrato discendenze riconducibili ad immigrati dal Mediterraneo orientale, confermando una Pompei cosmopolita e geneticamente variegata. Questa diversità era già stata ipotizzata grazie a ritrovamenti archeologici come gioielli e decorazioni domestiche, ma ora la genetica offre una prova diretta, aggiungendo un tassello fondamentale alla comprensione della società pompeiana.

Gli studi genetici hanno anche rimesso in discussione l’interpretazione dei rapporti familiari tra individui trovati in apparenti posizioni affettive. In alcuni calchi che mostrano due individui in un abbraccio, in passato si era ipotizzato che fossero madre e figlia o due sorelle, ma l’analisi del DNA suggerisce che uno dei due fosse maschio. Questo ribaltamento di ipotesi evidenzia la necessità di rivedere la narrativa emotiva spesso associata ai calchi di Pompei, mettendo in luce quanto siano fragili e facilmente distorte le interpretazioni basate solo su evidenze visive.

La capacità di analizzare il DNA antico dai calchi di Pompei rappresenta un enorme passo avanti nella comprensione storica dell’eruzione del Vesuvio e delle sue vittime. Oltre a svelare nuovi dettagli su sesso e parentele, queste scoperte rivelano una popolazione più diversificata di quanto si pensasse, testimoniando il carattere internazionale della città. La genetica ha dimostrato di poter “riscrivere la storia”, sfatando miti secolari e offrendo una nuova chiave di lettura sul passato che aiuta a comprendere meglio le identità degli abitanti di Pompei.

Questi nuovi dati genetici sono destinati a trasformare l’approccio alla ricerca storica sulle antiche catastrofi e aprono la strada a future scoperte che potrebbero ulteriormente arricchire la nostra comprensione della vita e della morte a Pompei.

L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature”

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