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ABRUZZO – I cittadini che avevano fatto richiesta alla Regione Abruzzo di sottrarre alla caccia il proprio terreno o fondo agricolo, alla luce dell’approvazione del nuovo Piano Faunistico Venatorio regionale, hanno ricevuto comunicazione dal Dipartimento Agricoltura che consente di esercitare tale diritto, senza dover costruire muri o recinti, ma solo con apposizioni di tabelle, diritto che inizialmente l’Ente aveva arbitrariamente negato a tutti. Lo fa sapere il Wwf sottolineando che “la Regione Abruzzo si è resa conto di aver commesso un grave ‘errore’ ed è tornata ad applicare la norma”.
“È assurdo che quello che può essere vietato a un escursionista sia invece consentito a una persona armata di fucili – dichiara Claudio Allegrino, coordinatore delle Guardie Giurate Volontarie del Wwf Abruzzo – La Regione ha ostacolato in ogni modo l’esercizio di questo diritto, al contrario di altre Regioni non ha pubblicizzato quanto previsto dalla legge, non ha predisposto spazi sul sito istituzionale con riferimento a modalità e condizioni di ammissibilità, non ha indicato a quale Servizio presentare la richiesta, non ha reso disponibile la modulistica, ma anzi ha inviato ai cittadini che avevano fatto regolare richiesta lettere fuorvianti con riferimenti normativi sbagliati”.
“Le nostre doglianze – aggiunge Filomena Ricci, delegato regionale Wwf Abruzzo – anche questa volta si sono dimostrate corrette. Dispiace constatare come la materia venatoria e quella sulla tutela della fauna selvatica siano ancora considerate dalla Regione affare di pochi. Già da settembre 2020 il Wwf Abruzzo aveva chiesto alla Regione di applicare la legge sul divieto di caccia sui propri terreni: ci sono voluti sei mesi per ottenere tale diritto, chiaramente sancito dalla normativa nazionale”.
Il Wwf Abruzzo si riserva di ricorrere a ulteriori iniziative per tutelare gli interessi dei cittadini che vogliono esercitare il diritto di non vedere cacciatori sui propri terreni. “Tempi e condizioni richiesti per inviare la documentazione appaiono ben poco funzionali e non compatibili con l’esercizio di un diritto riconosciuto dalla legge”. (ANSA).

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