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Monte Amaro, la cima più alta della Maiella e seconda cima degli Appennini con i suoi 2793 metri Il Monte, narra la leggenda, divenne “amaro” alla morte della divina Maja, la più bella delle pleiadi, che volle seguire il figlio nell’Ade morendo anch’essa alle sue pendici. Nel 1964 venne costruito sul monte Amaro, il rifugio Ciro Manzini, intitolato all’alpinista che nel 1937 raggiunse per primo la cima delle Murelle che nel ‘44 venne distrutto dalle truppe tedesche. La Majella rimane così senza Rifugio per oltre vent’anni, fin quando, nel 1964, la sezione CAI di Sulmona decise di costruire un Bivacco sulla vetta del Monte Amaro. Il materiale venne trasportato sul Monte Amaro grazie all’ausilio di tre elicotteri militari del 31° Stormo. Il 10 Luglio 1866 venne inaugurato in occasione del 9° raduno Interregionale Giovanile del CAI. Purtroppo però nella notte del 31 Dicembre 1974 una forte tempesta lo distrusse pressoché totalmente e nel 1976 venne redatto un nuovo progetto per la costruzione di una nuova struttura in muratura. Tre anni dopo, nel 1979, due soci sulmonesi presentarono un nuovo progetto che prevedeva la costruzione del bivacco con una forma geodetica. Nel 1981 iniziarono i lavori: l’assemblaggio della struttura necessitò di ben tre giorni e prevedeva la costruzione di 105 pannelli triangolari, mentre fu durante la stagione estiva che si procedette con le opere di pavimentazione, coibentazione e allestimento tavolacci. Il 10 Luglio 1866 venne inaugurato in occasione del 9° raduno Interregionale Giovanile del CAI. Purtroppo però nella notte del 31 Dicembre 1974 una forte tempesta lo distrusse pressoché totalmente e nel 1976

Venne inaugurato il 18 Luglio 1982 in occasione del V Raduno Nazionale Giovanile del CAI. Nel corso degli anni ha purtroppo dovuto fronteggiare numerosi atti vandalici, nel Settembre 2017, la struttura venne invasa dalla mondezza. E solo un anno fa quattro giovani artisti di strada lo hanno imbrattato con opere pittoriche. Ed ecco che di nuovo interviene il CAI Sulmona i cui soci, in forma volontaria, si sono alternati raggiungendo la cima (circa 6 ore di cammino) e grazie all’ausilio dell’elicottero della GdF è stato possibile trasportare il materiale in cima. Un lavoro di restauro durato dal 13 al 17 settembre scorsi. La speranza è che non si ripetano più episodi del genere, ma all’inciviltà umana ormai non vi è limite!

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