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SULMONA. Gli scavi di archeologia preventiva in corso nel sito di Case Pente, dove la Snam intende costruire la sua centrale, hanno portato alla luce le tracce di una grande capanna risalente all’età del bronzo, circa 3500 anni fa. E’ il primo ritrovamento di questo genere nella piana di Sulmona, il che fa assumere alla scoperta un valore eccezionale. Secondo i comitati cittadini per l’ambiente “esso dimostra come il nostro territorio fosse abitato da tempi antichissimi, prima della fondazione della città di Sulmona e quindi prima ancora dell’insediamento del popolo dei Peligni.A quell’epoca non esistevano edifici; la vita si svolgeva all’interno di capanne, costruite attraverso pali infissi nel terreno e ricoperte di materiale vegetale e impasti di argilla. La capanna individuata a Case Pente è di forma circolare e di grandi dimensioni, il che farebbe pensare ad un uso plurifamiliare.
Il ritrovamento conferma il grande valore storico ed archeologico dell’area di Case Pente. Esso va ad aggiungersi a quanto già emerso in seguito agli scavi nel sito Snam: una necropoli con circa cento tombe a fossa, risalenti al V – IV secolo avanti Cristo, i resti di due costruzioni e un muro, tutti di epoca italica o romana. Tutto lascia ritenere che ciò sia solo una parte di quello che ancora è celato a Case Pente e che, proseguendo le ricerche nei terreni attigui a quello della Snam, possano emergere altri importanti reperti. Infatti, nel corso del tempo Case Pente non ha mai cessato di rivelarci le testimonianze della nostra storia: dai primi rinvenimenti ad opera dello studioso Antonio De Nino di fine ‘800 alle antiche sepolture scoperte nel corso dei lavori della strada per Campo di Giove, al sarcofago di età romana contenente le spoglie di Numisina, fino all’iscrizione in pietra “dei callitani” conservata presso il Museo Archeologico di Sulmona.
Tutto questo lo sa molto bene la Soprintendenza per l’Abruzzo, tanto che in un documento del 2008 ha definito Case Pente “un complesso archeologico tra i più importanti e inediti dell’area peligna, che cela i resti di un insediamento vasto e articolato, con tracce della viabilità, dell’abitato, della necropoli (…). La tutela di tale contesto storico impone la non alterabilità dello stato di fatto”.
Questo prezioso patrimonio storico e culturale, che è dovere di tutti – e innanzitutto dei pubblici poteri – proteggere e trasmettere alle future generazioni, rischia di essere seppellito per sempre sotto le tonnellate di cemento della Snam per la realizzazione della sua inutile e dannosa centrale.
Risulterebbe infatti – e questo è ancora più grave – che il massimo organo preposto alla tutela di tale patrimonio, cioè il Ministero della Cultura, avallando le assurde pretese della Snam, abbia già deciso di rilasciare il “via libera” alla costruzione dell’impianto prima ancora che siano completati gli scavi di archeologia preventiva”.
“La nostra comunità non può essere schiacciata e vilipesa da un potere economico e politico la cui prepotenza non conosce limiti. Non sono in gioco solo i nostri diritti ma la nostra stessa dignità. Per soddisfare la sete di profitto della Snam non si possono sopprimere impunemente la storia e le testimonianze degli antichi popoli che hanno abitato il nostro territorio. Per questo rivolgiamo un forte appello a tutti: all’Amministrazione comunale in primo luogo, all’intera classe politica, alle associazioni e a tutti i cittadini.
Facciamo sentire la nostra voce, mobilitiamoci contro lo scempio che si apprestano a compiere!
Non permettiamo che cancellino la nostra storia, la nostra cultura, la nostra identità”- concludono i comitati

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